anoressia una bestia affamata

Leggevo ieri che una nota ‘maison’ ha inaugurato una nuova linea ed ha già aperto  cinque ‘store’ (negozio pare brutto?) a Milano.  Chi se ne frega, diremmo tutti in coro se non fosse che per plaudire a questa vittoria l’anno reclamizzata con questa immagine

anoressia

Così mi sono detta che nonostante le tante battaglie intraprese per cercare di responsabilizzare anche il settore della moda al  dramma dell’anoressia che oggi colpisce ormai non soltanto le ragazze ma anche i ragazzi in odore di notorietà, ebbene questa foto dimostra che i cosiddetti canoni di bellezza patinata a cui fanno riferimento molti giovani insicuri non sono campiati e, anzi, guadagnano proseliti.
E’ per questo che vi ripropondo (mi scuseranno quelli che già hanno letto e ‘corposamente’ commentato un mio post del 2011.

“Cattivi esempi”

Ho letto recentemente della disapprovazione pressocchè generale  che ha colpito, senza affondare,  il  programma ‘America’s Next Top Model 2011’, vinto da una ragazza talmente magra da alimentare (ironia delle parole)  le proteste di quanti  sostengono  che questo reality  – che dura da oltre dieci anni e di  cui sinceramente non conosco le  regole –   unito ad un’ esaltazione della magrezza come simbolo di bellezza,  diffonda un messaggio fuorviante che pesa soprattutto sulle adolescenti che nell’ emulare questo  ideale estremo di magrezza,  approdano, incoscientemente e spesso anche troppo tardi per correre ai ripari,   agli orrori  dell’anoressia dalla quale se ne esce, quando se ne esce, con il fisico e la psiche minati per sempre.
 Non che le altre concorrenti fossero in carne, ma Ann Ward, una stangona diciannovenne di Dallas alta 1.87,  raggiunge appena i 45 kg, sì, quarantacinque chili!
Sin dalla  presentazione l’agosto scorso. il  reality aveva fatto parlare di sé a causa di uno promo in cui uno dei giudici mostrava tronfio alle telecamere, come riuscisse a fare combaciare le mani intorno alla vita di Ann, commentando  estasiato: “Ha il girovita più piccolo del mondo“.

Immediate le pubbliche scuse e le lacrime da coccodrillo da parte degli organizzatori, supportate dai comunicati stampa di alcuni grandi ateliérs, con l’affermazione che – al contrario – il fine dello show sarebbe quello di proporre  un modello/e  “plus-size” che prenda  le distanze  da quello scheletrico esaltato dai diktat dell’alta moda..
 La vittoria (vittoria?) di Ann Ward  conferma al contrario, che sono menzogne e che la haute couture per esprimersi in passerella ha bisogno di aironi dagli occhi affossati  enfatizzati dal troppo trucco di passerella, anoressiche o sulla via per diventarlo.
 Ann, la magrissima Ann, appresa la vittoria ha esclamato:  “Sono così onorata in questo momento!” forse considerando anche che, cosa non da poco, oltre alla gloria, si porta a casa dollaroni in contanti,  un contratto con ‘Cover Girl’ e un’altro  con la ‘IMG Models’ e, per la prima volta nella storia del reality, apparirà in  una copertina di ‘Vogue Italia’.
A me resta una domanda. Ann non sarà davvero troppo magra? Non sarebbe più onesto vestire una Barbie telecomandata al posto di una mannequin/manichino  pelle e ossa?
Non esiste una via di mezzo tra i sorrisi distorti di labbra snaturate,  ‘tettone’ settima misura e un vitino di vespa che racchiude 21 grammi di anima? O via via questa nostra anima, bene prezioso, sempre più donne la svendono al diavolo (veste Prada?)  nel sogno di un malsano, fuorviante,  desiderio di piacersi e prima ancora di piacere agli uomini che le esibiscono come auto di lusso (e poi i loro sogni erotici li condividono con la  classica ‘casalinga di Voghera’?).

MI sono documentata ecco a voi una foto della vincitrice 2013,  Joudan  Miller, e ditemi se questa ragazzina non è anoressica con il placet generale. Cattivi esempi ma anche tanta malafede nel dire e non cancellare dall’immaginario  questo modello  distorto e malato della bellezza femminile.

c’è musica nell’aria (coldplay

‘Midnight ‘ è il titolo del nuovo singolo dei Coldplay che due giorni fa ha fatto la sua comparsa in rete senza preavviso di sorta. Mentre scrivo, il video ha superato di poco il mezzo milione di visite su YouTube, una goccia nel l’oceano dei video musicali dei grandi gruppi.

Ammetto che seguo i Coldplay dal loro esordio e che alcune loro canzoni, Trouble e Paradise piuttosto che Viva la vida, sono state il leit nmotiv di momenti soprattutto estivi, di cui uno assai bello legato a un viaggio in moto in Corsica.
Midnight, riecheggia in alcuni giri di chitarra a Paradise ma se ne distacca lasciando però intatto il senso di ‘ambient music’ pur sempre realizzata da un gruppo rock. E’ un brano molto accessibile e, chi se ne intende, dice che sarà parte di un prossimo album di cui però ancora nulla si sa.

Buon ascolto, non arricciate il naso e chiudete gli occhi.

Midnight – Coldplay
In the darkness
Before the dawn
In the swelling
Of this storm
Running round and with apologies
And hope is gone
Leave a light, a light on
Millions are
Lost from home
In the swelling
Swelling on
Running round and with a thunder
To bleed from thorns
Leave a light, a light on
Leave a light, a light on
Leave a light, a light on
Leave a light, a light on
In the darkness
Before the dawn
In the darkness
Before the dawn
Leave a light, a light on
Leave a light, a light on

Traduzione Midnight – Coldplay
Nel buio
Prima dell’alba
Nel crescendo
Di questa tempesta
Girando in tondo e con tante scuse
E la speranza se n’è andata
Lascia una luce, una luce accesa
Milioni sono
Gli scomparsi da casa
Nel crescendo
Crescendo
Girando in tondo e con un tuono
Per sanguinare dalle spine
Lascia una luce, una luce accesa
Lascia una luce, una luce accesa
Lascia una luce, una luce accesa
Lascia una luce, una luce accesa
Nel buio
Prima dell’alba
Nel buio
Prima dell’alba
Lascia una luce, una luce accesa
Lascia una luce, una luce accesa

Succede di domenica

Lei è Piccolina, morbida, non più giovane.

Lui è alto, bruno, benfatto, decisamente più giovane,

Non passano inosservati sul lungomare ancora deserto di Fregane quando scendono da quella  moto ringhiosa.

Lei si toglie il casco scrollando i capelli.

Lui si passa la mano a pettine tra i ricci piatti 

Lei ombrosa con l’espressione corrucciata per il sole radente.

Lui che aggiunge luce alla luce, raggiante come sempre quanto se la tira dietro in moto e nel viaggio riesce ad accarezzarle la gamba urlando quel “Tutto bene?” che a lei arriva con i vortici dell’aria che le fa svolare il foulard.

Lui sorride: “Tutto bene?” quando seduti al tavolino di fronte al mare le prende la mano e se la posa sulla guancia, stringe gli occhi a fessura sapendo di avere rubato la marmellata.

Lei aggrotta le sopracciglia dietro i grandi occhiali scuri  perché queste affettuosità tra la gente la infastidiscono. Prova a ritrarsi.

Lui  che ripete: “Tutto bene?” e l’interrogativo le giunge con un brivido di piacere quando al cinema sussurrando le posa  un piccolo bacio nell’incavo del collo.

“Tutto bene?” mentre lui, sovrastandola .  la racchiude tutta  tra le sue braccia, bozzolo di farfalla il mento sulle ginocchia,  sul divano arancione, intenta a seguire i titoli di coda di Blade runner.

“Rachel era speciale, non aveva data di termine. Non sapevo quanto saremmo stati insieme..ma chi è che lo sa?”

Lui la stringe sornione  “Tutto bene! tutto bene mia contorta signora!” e non vi è interrogativo nella sua voce ma una reiterata promessa.

Lei slega le gambe, stende le braccia, lo soffoca con piccoli, intesi, luminosissimi, baci. Perchè resistere?

 “Do androids dream of electric sheeps?”

.

Mens (in)sana in corpore sano

Se tutto andrà per il peggio, e se tanto mi da tanto, potrei vivere ben oltre gli ottantaquattro anni, infatti questa è la media, come  evidenziato dagli ultimi dati Istat:
“Popolazione (italiana) : vita media si alza ancora. Per uomo 79,1, donne 84,3.”

Mia madre se n’è andata prima e spero che i suoi quasi quattro anni non mi vengano addebitati.
Non sono una fanatica della vita ad oltranza Hai voglia a dire ‘si è giovani dentro’, l’organismo è pur sempre una macchina che si logora e a dispetto dei tagliandi non ce la fa a seguire la mente. Voli pindarici tanti.
Non sono pessimista. Sono realista e dunque faccio il possibile per arrivare al traguardo nelle migliori condizioni psicofisiche.

Per questo – grazie a mia madre che mi prese per sfinimento: ‘Fai, fai, fai’ da oltre 15 anni con continuità vado in palestra dopo il lavoro due-tre volte a settimana. Niente sala pesi e altri attrezzi, a volte se arrivo in anticipo un po’ di cyclette, mi piacciono i corsi di gruppo dove si crea anche un clima piacevole, cameratesco. Il mio preferito è lo striding
Nel video che segue viene appena accennata la parte ludica ma dal vivo è divertente si inzia carlieri e combattivi ma dopo la prima mezz’ora si trattiene tutto il fiato possibile per ‘lavorare’. Finiscono le battute e si gronda sudore.
E’ adrenalinico, le variazioni del passo, dele braccia, sottolineano l’andamento della musica di solito molto vivace.
Musica che a casa mi farebbe inorridire soprattutto per il volume ma che lì è perfetta.

Dopo lo striding una bella doccia tiepida, quindici minuti e inizia la seduta di yoga in una saletta riservata a un massimo di 10 persone. Spesso nessuna musica e luce assai basse.
Oggi nelle palestre si pratica il ‘modern yoga’ che mutua la cultura orientale in quella occidentale con posizioni meno rigide ma altrettanto valide.
Non è necessario essere dei contorsionisti: il modern yoga (una cui variante è il Pilates) non affatica perché finisce dove inizia lo sforzo. Le diverse posizioni consentono di distendere e potenziare i muscoli e lo scheletro, di mantenere sciolte le articolazioni ma anche di stimolare gli organi interni e mettere in moto gli ormoni che portano a un generale stato di benessere.
Questo avviene sopratutto lavorando su un respiro profondo e completo che ossigena tutto l’organismo e dunque agisce contro lo stress, le tensioni emotive ed l’ ansia.

Un consiglio. Scegliete una buona palestra con istruttori e istruttrici qualificati e badate molto alla pulizia.

A chi mi chiedesse, giustamente : ‘Chi te lo fa fare’ non ho difficoltà a rispondere che allo status quo mi si può definire di ‘sana e robusta costituzione’ e che con il mio impegno costante ho evitato una difficile e pericolosa operazione alla colonna vertebrale (sempre in agguato) che si regge grazie alle fasce muscolari assai toniche che la ‘imbustano’.

Quanto al motto ‘Mens sana in corpore sano’ oh, quando non mi prendono le mie paturnie sono davvero una donnina equilibrata.

“…e speriamo che io me la cavo. Intanto ci provo.”

Oscar 2014

‘Dallas Buyers Club’, di cui – mi cito, abbiate pazienza – ho parlato in un precedente post, sicuramente e il film migliore tra quelli che ho visto candidati agli Oscar.

Adesso mi vedo costretta ad ammettere che questo mio giudizio vacilla dopo ‘12 years a slave’ che li bypassa tutti, incluso l’osannato Scorsese di ‘The wolf of Wall Street’, diventando nella mia personale classifica miglior film dell’anno valendosi di due interpretazioni impeccabili come quella di Micheal Fassbender, schiavista schizzofrenico preda di crisi mistiche, (splendida forma recitativa che certo non emergeva in Shame) e Lupita Ngonyo, schiava ‘oggetto’ delle foje bestiali del padrone. Purtroppo per loro non potranno vincere l’Oscar perché si dovranno misurare con due mostri sacri come Jennifer Lawrence e Jared Leto in stato di grazia suprema. Forse potrebbe farcela, invece, Chiwetel Ejiofor nella parte del protagonista.

‘12 years a slave’ (per fortuna che si comincia sempre più a mantenere il titolo originario chè molti film stranieri vengono tradotti con formule improbabili e respingenti). Un racconto crudo/crudele basato sul romanzo autobiografico di Solomon Northup, interpretato, appunto, da un bravissimo Chiwetel Ejiofor che concorrerà all’ Oscar per il miglior attore protagonista con Leo Di Caprio ‘The wolf of Wall street, e il mio favorito Matthew Mcconaughey ‘Dallas buyers club’.

Vorrei aggiungere, qui, una mia personalissima considerazione rispetto a ‘12 years a slave’. Dopo aver visto questo film credo che ognuno di noi dovrebbe interrogarsi ancora sul concetto di ‘morale’, quella che attiene a quei valori non confutabili oggi e che sono il frutto di conquiste spesso dolorosissime operate nel tempo e non sempre e non ancora universalmente riconosciuti. Nessuna analisi può essere dogmatizzata ma soltanto analizzata, perché semplicemente non può esistere una scala di valori slegata dal momento storico in cui la si decifra. L’orrore, la violenza, la sopraffazione dell’uomo sull’uomo, il tema della schiavitù viene qui riletto alla perfezione sottolineando l’ineluttabilità del ‘ruolo’ in cui, ‘bianco’ e ‘negro’ si ritrovano a misurarsi.

Solomon, nato libero cittadino nello Stato di New York (anno 1841) rapito e venduto come schiavo al Sud, improvvisamente deve fare i conti con la sua sopravvivenza di schiavo e dunque adattarsi alla bestialità del nuovo status, fingersi ignorante, non fare trapelare la sua cultura e soprattutto non lasciare trapelare di sapere leggere e scrivere.
La regia di Steve McQueen (Shame e Hunger ) con qualche lentezza, è perfetta nei silenzi e dunque inutile e fuorviante anche solo parlare di fare un paragone con Django di Tarantino, dove la spettacolarizzazione della schiavitù riconduce il film, appunto, al mo(n)do di vivere e realizzare i suoi progetti (di Tarantino!).

Che sia basato su una storia vera non importa. Nessuna morale né un finale consolatorio come ci si potrebbe aspetterebbe.

Il processo intentato da Salom Northup contro i suoi rapitori e aguzzini ha una conclusione desolante, nessun colpevole affidato alla giustizia ma una sola  grande imputata:  la Storia e fu proprio la ‘questione morale’  sullo schiavismo uno dei motivi scatenanti  che portarono  alla guerra di secessione americana e, a seguito della vittoria degli Stati dell’Unione,  lo schiavismo divenne illegale in tutti gli USA,  praticato ancora qualche anno clandestinamente   e poco dopo definitivamente abolito.

Sappiatemi dire. Non lasciatemi sola con i miei concioni.

 moderne schiavitù

Cattivi pensieri (Mickey Rourke)

Apriamo il carnet ed ecco San Valentino reclamare il primo giro di danza
Anche io come Francesca http://tersiteblog.wordpress.com/     la mia primissima associazione continuo a farla con il massacro, appunto di San Valentino, messo in atto dal mitico Al Capone che in un garage di Chicago nel 1929 fece sterminare la banda di Bugs Moran ( se poi andiamo a guardare un po’ il lessico tra crampi allo stomaco, colpo al cuore, morir d’amore, sembra proprio che anche l’amore se non è un massacro poco ci manca).
Però va bene così. Si è giovani una volta sola, ci si innamora tante volte, molti dicono della stessa persona (!) a me capita di persone diverse, chi lo vuole sempiterno, chi vive la notte come se fosse un’eternità.
Festeggiamo questo ennesimo San Valentino come (ri)festeggeremo a giorni la Festa della donna e allora tutti a regalare fiori e mimose con buona pace di quelle donne a cui la festa viene fatta ad ogni ora del giorno per fortuna dei palinsesti televisivi che si fanno più agevolmente. I carnefici o presunti tali diventano attori, i parenti hanno la loro parte di notorietà, la categoria degli opinionisti gonfia il torace e conciona.

San Valentino. All’inizio si sono cascata anch’io e svariate volte prima di dire ‘Basta’.
Uno in particolare.
Lui non era Richard Gere né io Julia Roberts (niente male però, io) ma a lui venne in mente di organizzare la serata al ristorante dell’hotel Hilton dalle cui vetrate vedi Roma notturna, luccicante, i ghirigori luminescenti dei fari delle auto, il Tevere un segno di pennarello scuro a dividere i colori della notte. Solo quello valeva il paradiso.
Quando arrivammo, davvero ‘ a mio insaputa’ nella hall dell’albergo io stavo per fare una delle mia alzate di testa (“ma come, quasi manco ci conosciamo e questo prenota una camera da letto? Hilton quanto ti pare ma chi glielo ha detto”). Stetti fortunatamente zitta.
L’ascensore per il ristorante. Elegantissimo luci soffuse, racchiudeva quei pochi eletti come gioielli in una bomboniera.
Perfetto, forse, ma inadatto. Quel bisbigliare ossequioso dei camerieri, i gesti indescrivibilmente lenti dei presenti dove l’espressione dei sentimenti è volgarità caciarona. Io bevevo e mi scioglievo, lui mi guardava e mi toccava sotto il tavolo. Ridevamo. Avevamo solo voglia, tanta voglia, di fare l’amore ed invece eravamo imbrigliati in quella recita.
Quanto tempo sprecato|
Julia Roberts? No! Kim Basinger, non Nove settimane e mezzo, bastava una notte, il grande lettone, fragole e champagne e, a dirla tutta quella canaglia di Mickey Rourke …ossignor che cattivi pensieri. O forse no?

BUON SAN VALENTINO

Domande scomode.. relax

Scrive Hesse:”…tutto il visibile è espressione, tutta la natura è immagine è linguaggio e colorato geroglifico…sono fratello di tutto ciò che ammiro e che sperimento come mondo vivente; della farfalla, dello scarabeo, della nuvola, del fiume, dei monti; perché lungo il cammino dello stupore sfuggo per un attimo al mondo della divisione ed entro nel mondo dell’unità, dove una cosa, una creatura, dice ad ogni altro.
“Tat twam asi” (“Questo sei tu”).

Rileggendo questo suggestivo passaggio (niente avviene per caso) mi sono interrogata con non poco sgomento se,  nella rozza sciatteria del quotidiano,  Hermann Hesse potrebbe ancora accendere un barlume concreto di speranza fugando l’orrore e lo sconforto insito nella risposta che sorge immediata:

“Tat twam asi”
“ ..sì, ma cosa?”

Credo di avere bisogno di tempo, mi sono smarrita.

Libertà l’ho vista svegliarsi ogni volta che ho suonato

L’amore è…un grande casino? un casinò? una roulette ru(o)ssa?

L’amore dura irragionevolmente, ed è amore, finchè non si comincia con i distinguo, finisce quando ci si accorge dell’impossibilità di avvicinare l’altro-a al nostro sentire più profondo.

Questi pensieri mi sono tornati attuali sollecitata da un post di Signorasinasce (http://signorasinasce.wordpress.com/), appunto, sull’amore al quale io mi sono agganciata con il mio pensiero.

“Signora, quella che tu chiami ‘eternità’ io ho sempre saputo (e riscontrato) quanto fosse autentica nella sua ‘temporalità’.
Io ammetto la reciproca buona volontà se si è da subito onesti, ma proprio questa onestà è la lancetta che segna il tempo.
L’intesità è il mio ‘per sempre’ in amore. Infatti non ho più voluto convivenze dopo un matrimonio di un anno e un figlio.
L’amore e la passione e anche la condivisione intellettuale si espletano al loro meglio praticando il motto “Ognuno a casa sua”. ”

Cinismo? No, esperienza di vita di una ‘me’ donna da subito libera forse un po’ Don Giovanni.
Coerenza verso me stessa, chiarezza con gli interlocutori. Assoluto rispetto per mio figlio, poi tutto il mondo, hanno guidato la mia vita che non vi è dubbio, andrà avanti per questa strada.

Cavallette non ottava piaga ma risorsa

‘Basterebbe che ognuno di noi occidentali stesse un paio di giorni alla settimana senza mangiare carne per migliorare sensibilmente la salute del nostro pianeta e le condizioni di vita di chi – oggi per sua sfortuna – abita nel sud del mondo. ‘
La frase – forse semplicistica ma di sicuro impatto – è di Paul McCartney l’ultimo degli Scarafaggi ancora vivente. Una piccola iniziativa con un grande peso specifico sul bilancio etico-energetico della terra. Al di là delle piû o meno meritorie scelte individuali, l’ispirazione collettiva si lega a un possibile ma obbligatorio scenario alimentare futuro.

Dentro il futuro gastronomico della terra, infatti, la carne – rossa o bianca, d’allevamento o selvatica, biologica o da allevamenti intesivi – è un lusso (ua cultura) a termine. Né potrebbe essere diversamente, se è vero che un terzo della produzione agricola mondiale serve a nutrire gli animali da macello e che ogni kg di bistecche vale 15.000 litri d’acqua. Un rapporto insostenibile di cui tenere molto conto per porre velocemente un rimedio.

Meno carne nel menù settimanale, propone Sir Paul. In cambio di cosa?

Le risposte sono tante e variegate. Si può cominciare scegliendo di essere vegetariani, modificare ulteriormente il proprio pensiero diventando vegani e poi (ma qui io vedo, perdonatemi, una formula estremizzata quasi punitiva,) crudisti.
Il piacere del buon cibo non può essere vissuto come una colpa da espiare, bisogna soltanto modificarci alle nuove condizioni, alle nuove sensibilità che per fortuna si stanno aprendo un varco.
‘Ma la carne fa bene ai bambini, la carne rossa fa sangue, iai vecchi un brodino di piccione ridona le forze’.
La nostra grande astrofisica Margherita Hack era l’esempio eclatante che non è così. Non solo lei era vegetariana ma, addirittura lo erano prima di lei i suoi due genitori. Dunque neppure una donna in stato interessante ha necessità di carne rossa per partorire …una donna tanto intelligente quando longeva come MH.

Sappiamo per certo che le proteine vegetali sono un cibo eccellente a tutto tondo, carta vincente nelle argomentazione dei vegetariani: più legumi e meno polli, insomma e, aggiungo io entrando in un campo che conosco poco ma che i ‘sapientoni’dibattono,, possibilmente non ogm.

Ma gli irriducibili carnivori devono pazientare per la la messa a punto della carne di laboratorio, unica consolazione possibile per chi ha fatto di hamburger e barbecue il proprio pilastro culinario: la consistenza pare sia ancora un po’ stopposa e il gusto è passabile solo se mascherato da salse e salsine. Si dice che sia solo questione di tempo. Chi vivrà vedrà.

Tra i quasi 900 milioni di persone che non mangiano abbastanza e i quasi 700 milioni di obesi che mangiano sicuramente troppo, ma quasi sempre anche cibi pessimi, bisognerà pur trovare un punto di equilibrio.
Tra cavallette e finti hamburger mettiamoci d’impegno con quel che abbiamo.

RICETTA : CAVALLETTE FRITTE
ingredienti per 4 persone:
-12 cavallette
-olio
-farina
-staccare la testa alle cavallette e rimuovere le ali
-buttatele in olio bollente dopo averle impanate nella farina
-prendere un piatto da portata, adagiatevi le cavallette croccanti e servite ben calde agli ospiti possibilmente ignari.

Io le ho assaggiate in Mexico e…insomma! L’ignoranza è stato il mio salvacondotto.