accarezzi
l’aria trepida
e mite.
Dolce è
il ricordo che evoca.
Ancora più
dolce è
il sogno che provochi.
(Edwin A. Lozada)
Cielo grigio pesante
pioggia che cade
fitta invisibile
cappuccio calato
testa bassa . . .
eccola
affacciarsi tra foglie umide. . .
come timido uccellino saggiare l’ aria . . .
tenerezza di un incontro
Benvenuto Febbraio ❣❣❣
Teniamoci strettistretti anche di più !!!
Ci sarebbero molti argomenti seri e scadenze importanti eppure io mi sento di parlare di un piccolo (insignificante?) fattarello che mi tiene impegnata da ieri.
Svolgimento.
Parcheggiando davanti casa, seppur ‘cecata’ quale sono, vedo che sul marciapiedi c’è una cornacchia, mi avvicino e non si muove, guardo meglio e sembra sana, allungo le mani e lei si lascia prendere e allora mi accordo che è un piccolino pronto al volo ma non ancora padrone delle sue ali e che probabilmente è caduto da un pino poco distante.
Per terra non può stare e io lo poggio sul muretto e sunito mi accorgo che dal lampione del palazzo arrivava imperioso un gracchiare e poi due cornacchie iniziano a volare in circolo. I genitori? Certamente.
Lascio passare un dieci minuti, ritorno, e il piccolo stava ancora immobile, solo, il crepuscolo grigio e una pioggerellina odiosa.
Decido di portarlo a casa. Lo poggio nella scatola ricoperta da uno spesso asciugamano, prendo dei bocconcini di macinato cotto di Sally mi avvicino
Lui spalanca il becco profondo e giallo. Spingo col dito come farebbero i suoi genitori per tre volte e lui ingurgita. Un po di acqua con una pipetta. Lo metto fuori sopra lo stendino al coperto sotto l’ombrellone.
Il malnato satollo nasconde la testa sotto le piume e si mette a dormire.
Stamattina mi sono alzata alle sei lui era vispo e sveglio, di nuovo mangiare e poi è salito sul bordo della scatola, si è guardato intorno con l’espressione e le movenze di un bambino indeciso, ha frullato le ali due o tre volte poi è planato per terra e da lì saltellando ha superato il mio giardino andandosi a nascondersi nell’erba alta di uno spazio condominiale adiacente.
Verso le dieci grande fermento lui che gracchiava ad intervalli e due grandi cornacchie che rispondevano e una di loro a cerchi sempre più stretti è calata a terra.
Mentre scrivo lo sento ma la cosa migliore, come mi ha detto un volontario della Lipu è lasciarlo lì : a giorni potrebbe volare.
Domani andrò a vedere come sta, scavalcando la recinzione (ah beata giovinezza!) e gli darò un po’ di cibo. Una mamma implume e senza pelo sul cuore.
…e speriamo che noi tutti ce la caviamo e se l’aiuto non arriva dal cielo, il cielo possiamo inventarcelo noi, o no?
Ha ripreso a piovere….
ma oggi, ovvero questa sera ha smesso e lui è qui e si presenta al vostro cospetto infreddolito ma vispo e sempre famelico.
L’estate si sa accende anche i più sopiti ardori, avvia teneri virgulti ai piaceri della carne condita con o senza romanticismo e, complice la tranquillità, forse anche la noia di trovarsi improvvisamente “a riposo”, la specie umana si risveglia godereccia in ogni sua manifestazione.
Ecco che, improvvisamente, ci si interessa alle tecniche di accoppiamento dei dinosauri perché trattasi di bestioni di oltre 12 metri di altezza e del peso di 30 tonnellate.
E dove avveniva l’accoppiamento? Perché nessuno ce l’ha mai detto? Si suppone in acqua per mitigare alle femmine l’aggravio dell’enorme stazza dei maschi, ovvio. Lungimiranza della natura, raramente tenuta in debito conto.
Ma poi s’alza anche la voce dell’esimio dottor Gregory M. Erichson, biologo evoluzionista, che afferma: ”Non credo vi siano molti dubbi al riguardo:i dinosauri strofinavano i propri organi genitali nella stessa posizione utilizzata dai cani per riprodursi”.
Chissà perché a me questa fotografia, unita alla martellante notizia della nuova scesa in campo (ormai sterpaglie) di Silvio Berlusconi ha messo tanta tristezza. Non un ritorno al futuro ma ad un passato trapassato un po’ “zozzone”: assisteremo ad altri accoppiamenti, s’alzeranno i toni, insomma un deja vu per niente rassicurante…
“E speriamo che io me la cavo”
(dal bel libro – che vi consiglio – di Marcello Dell’Orta)