una Smemoranda per la memoria

Anna Frank diventa un musical
“Anche così si tiene vivo il ricordo”
 

Mi  riesce difficile associare Il Diario di Anna Frank a un musical, tuttavia, opere che raccontano il dramma dell’Olocausto,  da Schindler’s List a La vita è bella a Train de vie – sono un’alternativa per evitare che il dramma el’orrore del mito della  ‘razza pura’, della tragedia individuale/collettiva che molti si sono portati dentro fino al suicidio, finiscano (definitivamente) nell’oblìo o peggio ancora mistificati.

Buone intenzioni, certo,  che hanno spinto il regista Garcìa Chavéz a rappresentare al Teatro Calderon di Madrid, dal 28 febbraio, El Diario de Ana Frank, un Canto a la Vida, primo musical autorizzato dalla Fondazione della ragazza.

I diritti dei bambini? Lo sterminio=diritto dei bambini e generica xenofobia?  

Anna Frank  da simbolo diventerà anche ‘vedette’?

Anna ha scritto uno struggente diario ricco di vita e si sentimenti sui suoi terribili anni di clausura. Ha radiografato da un abbaino, eattraverso le parole soffocate dei genitori e la forzata solitudine, solo una parte confusa di quanto avveniva all’esterno.

Nell’accesa diatriba “La vita è bella” si o no? E’ un film ‘alla memoria’ o è troppo edulcorato, una pochade agro-dolce? Io mi schierai con i no,

E’ vero, i bambini devono essere salvaguardati e aiutati a capire poco a poco le brutture ma un film per quanto poetico, per quanto ricco di buone intenzioni come quello di Benigni, in un contesto politico e cultura che  tende a fare del ‘revisionismo’,  a rimuovere, a sminuire la Storia, insomma “si è successo..forse..pero”,  io ritengo sia un film fuorviante e di aiuto zero per chi non conosce la storia neppure sui libri, cosa assai comune visto che ormai sta venendo a mancare anche  la memoria ‘viva’ di chi in quella Storia è stato tirato per i capelli..e ne è uscito, nella migliore delle ipotesi,  morto.

Tullia Zevi disse qualcosa di molto importante: “E’ un film che bisogna spiegare, che richiede una lettura anticipata di quegli eventi, un approfondimento. Diversamente è un film dannoso.”

Ora vi chiedo. Chi andrà a vedere il musical su Anna Frank? A chi è indirizzato?

Alla (mejio) gioventù, ovvio. E di quanta utilità potranno essere le parole, andanti ma non troppo o con brio,  se questi ragazzi non hanno gli strumenti culturali  adatti a decodificare all’origine quell’accadimento?

Quanti – oggi – tra i giovanissimi hanno letto Il diario? E tra i più ‘grandicelli’, per restare a casa nostra “Se questo è un uomo” di Levi? Oppure sfogliato “La banalità del male” scritto da Hanna Arendt sul processo a Gerusalemme a Adolf Eichmann.

Ma ancora, per assurdo,  hanno visto  Schindler’s List?

Il ‘gap’ culturale si stende  a macchia d’olio e di Anna Frank facciamo un musical orecchiabile.

Mala tempora. O forse no, incalza un sapido oblio dove vai,  vai,  nessun bagaglio: West side story, La febbre del sabato sera,  Eros Ramazzotti e, new entry,  Anna Frank rap. 

Melting pot.

 

Wild is the wind

 

La Piccolina ormai donna, sempre un poco miope – scarpette da ballerina – si alza in punta di piedi a spiare la felicità del pianeta che scorre più in là, verso orizzonti lontani.

Ne ruba l’arcobaleno le lacrime,  ne percepisce gli odori, la musica suadente di onda incalzante.

Si volta di scatto in un breve sussulto.

Niente.

Niente altro che un alito di vento, eppure … eppure era così che lo sentiva arrivare prima ancora di essere sollevata a lui – in una grande universale risata – volando alta, le braccia ali di farfalla – consegnandola senza più gravità a quella vertigine insidiosa che le regalva un brivido profondo, un mancamento eccitante

Come da

LUNAPARK

 

Come in uno specchio?

"Io non sono cattiva…
E’ che mi disegnano così!"


Da parte mia ho avuto modo di sottolineare che non sono (più)
"come tu mi vuoi".

Ho imparato a mia spese a scrollarmi questa etichetta di dosso ed ora per dirla allegraMENTE con Ute Ehrhardt, ebbene si:

"Le brave ragazze vanno in paradiso e le cattive dappertutto",,,
VOI (traslato anche al maschile) dove vi dirigete?

Amarsi un po'

Amarsi un po’
è come bere
più facile
è respirare.

Adriano Sofri, bella intervista .

 

Soprattutto mi ha riportato alla memoria la conoscenza, seppure non profonda ma  gratificante che ebbi con una persona ‘speciale’  che mi parve unica da subito : Alexander Langer.

 

Lo conobbi nel 1989 quando fu eletto al Parlamento europeo nelle liste dei Verdi e comincio’ una collaborazione abbastanza assidua con il nostro Centro studi.

Inutile dettagliarvi la persona perché Google assolverà perfettamente al compito, e molto dettagliatamente, ho controllato.

Si tolse la vita, tutti dissero inspiegabilmente, il giorno dell’anniversario della morte del padre.

Al Partito (leggi Pci)  tutti ne restammo sconvolti anche se il suo gesto in qualche modo era stato anticipato dal suicidio della  sua  amica Petra Kelly, per la quale scrisse il necrologio che avrebbe potuto essere assolutamente il suo:

 

"Forse è troppo arduo essere portatori di speranze collettive:… troppo grande il carico di amore per l’umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono, troppa la distanza tra ciò che si proclama e ciò che si riesce a compiere.”

 

Stasera Sofri ha ricordato che Don Milani avesse obiettato che NON si può amare tutto il mondo ma ‘soltanto’ (e bene) tre, quattrocento, persone! Si, aveva quantificato nel numero, lui il Parroco inizialmente  forzatamente relegato a Barbiana che da quell’eremo sperduto tanto esempio (scomodo) diede al mondo paludato del clero e non.

 

Oggi mi domando che stima farebbe Don Milani di fronte ai moderni  grandi benefattori, stacanovisti dell’amore a piene mani, che volano da un continente all’altro passando da una televisione all’altra, e dai palchi dei LIVE AID, cattedrali nel desero dei sentimenti,  sventramo la calma del cieli.. ah comè bono Bono, e come ci sentiamo buoni noi accomunati dal mondo globalizzato dello Short Message System (sms) e tutti a raccogliere fondi senza fondo in attesa di plausi e pubblicità di ritorno.. Quanti  ne riescono ad amare davvero. A quanti restituiranno un nome  ed una vita non felice ma  una briciola di rinnovata dignità e di senso?

 

Quante persone amiamo noi, nel nostro piccolo, e quante davvero riusciamo – a fasi altalenanti – a rendere felici?

 

Vi affido questo pensiero con molta tristezza per la mia desolante pochezza.

 

Let's make love

 

Amarti m’affatica (mi brucia dentro)

Ancora in clima post natalizio – solidale ai più – rimugino un drastico taglio al grass-etto  superfluo.

La dieta, certo aiuta. Niente cappuccio e cornettino, niente cioccolatini dopo il caffe’,…niente un po di tutto.

Per fortuna dal parrucchiere  la soluzione  mi giunge con un articolo  niente male :  “Sesso: ginnastica o magia?” dove apprendo esultante che, nell’ordine, variare le posizioni stimola il desiderio e mette in moto più muscoli, che il sesso stimola la produzione di testosterone, ormone che protegge le coronarie dal rischio d’infarto e agisce da ottimo antidepressivo (ci mancherebbe altro!). ah scordavo, con  un ‘semplice’ bacio si raggiunge una frequenza cardiaca che è ideale per il cuore.

Dunque se riducessi la palestrina a vantaggio di…? devo ragionarci un attim-ino.

 Intanto facciamo insieme questo test. Cominciamo a metterci a nudo.

  1. I preliminari sono indispensabili per…

 a) accendere il desiderio;  b) rendere più lungo e divertente l’incontro;  c) capire i gusti del partner:

  1. Dopo un inontro d’amore davvero ‘riuscito’ ti senti:

 a)  Profondamente calma/o;  b) svuotata/o, stanca/o;  c) piacevolmente su di giri;

  1. Sperimenti nuove posizioni del Kamasutra per…

 a)   provare nuovi piaceri;  b) combattere la noia;  c) curiosità;

  1. I rapporti ssuali molto frequenti possono provocare…

 a)   stanchezza fisica;  b) un calo di desiderio;  c) un gran benessere;

  1. Una donna un po’ depressa dovrebbe:

 a)    trovare un amante più giovane di lei;  b) cambiare compagno;  c)                vivacizzare il rapporto;

  1. Qual è l’uo più bravo a letto?

      a)  quello che ha collezionato molte donne;  b) uno pseudosessuologo;

c)   un “buon selvaggio”; 

  1. Non da soddisfazione fare sesso quando…

 a)   si è di malumore;  b) si ha fretta;  c) non ci si sente fisicamente bene;

  1. Tra le lenzuola è peggio sentirsi:

                 a)  annoiate/o;  b) trascurate/o;  c) criticate/o.

PUNTEGGIO

1.           a=3   –   b=0   –   c=6

2.           a=3   –   b=6   –   c=0

3.           a=0   –   b=6   –   c=3

4.           a=3   –   b=6   –   c=0

5.           a=3   –   b=0   –   c=6

6.           a=3   –   b=0       c=6

7.           a=6   –   b=3   –   c=0

8.           a=3   –   b=6   –   c=0

rosso

 

Repetita? chissa’ se ..

L’antefatto.


Tra i libri, a Natale, mio fratello ‘grande’ verso il quale  ho un rapporto di ammirazione sperticata mi ha regalato “La Principessa di Cleves”.

Il caso vuole che io ne abbia ben due copie e quindi – la mattina dopo, in separata sede – gliel’ho detto e con grande stupore lui ha ammesso (ed io scoperto) che non lo aveva letto.

Dunque oggi, tornata in ufficio sono andata a spulciare nei post di Alchimie e.. insomma ripropongo la recensione di allora e, di nuovo, a chi non lo conoscesse io segnalo questo libro con la  mente e col cuore.

 

notturno

 

 

16 marzo 2005

Come nasce la mia e-mail: la_principessa_diclevs@…

Scrittrice di ‘grande sobrietà e purezza stilistica’ , Madame de la Favette con “La principessa di Clèves” pubblicato nel 1724, ‘inventa’ il primo romanzo psicologico moderno.

Lessi questo libro  tanti anni fa  pensando ad un libretto alla Lyala,  scoprendo che era altro apprezzandone il contorno storico, l’analisi spietata e nello stesso tempo frivola che emergeva dalle descrizioni di ‘una’ che alla Corte era di casa.

L’ho riletto recentemente  perché un’amica, conoscendo la mia  grande considerazione per la scrittrice Rosetta Loy,  me ne ha regalato una copia con una  profonda introduzione storico-sociale  temi che fanno parte del lungo percorso di Rosetta Loy.

In breve. Alla corte di Enrico II di Francia, viene presentata Mlle de Chartres. Se ne innamora il principe di Clèves che la sposa. La giovane principessa prova per il marito solo stima, ed è irrimediabilmente, attratta dal duca di Nemours.  Impone a se stessa di dominare  i propri sentimenti ma dilaniata (non scordiamoci che siamo in pieno romanticismo) e terrorizzata dal progredire della passione la confessa al marito. Il principe, in preda a grande gelosia,  vuole però conoscere il nome del rivale. Distrutto nell’animo, muore di dolore seppure nella certezza che la moglie non l’ha mai tradito. Passano i mesi, la principessa Di Cleves, rivela  a Nemours il suo segreto. Lui vorrebbe sposarla. Lei rifiuta  nettamente perchè  il “dovere” e la “preoccupazione del suo riposo” le impediscono di compiere quella scelta.

Cosa mi rende questo libro caro e importante? Sicuramente il parallelo che leggo nella mancanza di valori, sia  ‘ieri’ che  ‘oggi’,  dove l’ “io” prioritario  fagocita e prevarica  tutto.  Ne leggo e condivido, per opposto,  la capacità dolorosa di questa giovane fanciulla/donna 16cenne a salvaguardare  la sua dignita, nel  rispetto della parola data e soprattutto di se stessa, a discapito dell’amore profondo che l’anima. Ne valuto la determinazione con la quale sacrifica, ormai  libera, i suoi sentimenti pur sapendo che il contesto sociale di quella corte  ‘scostumata’  l’avrebbe sicuramente appoggiata e assolta, in nome della casta e dei soldi, con la sola pena di qualche ‘pettegolezzo’ salace. Questo è incredibile!  Allora, il messaggio che mi invia  e mi affascina è che   “a noi stessi, e nel rispetto dei  sentimenti  altrui,  che dobbiamo rendere/tenere conto”.  Grande insegnamento. Una strada da perseguire, tutta in salita.  B

 

 

 

L'anno che verrà

 

 

Buoni propositi da coccodrilla.

 

Non sono mai stata né bionda nè di coscia lunga.

Lo sfizio del ‘ahhh biondaaa’ me lo sono tolto, il secondo non credo potrò mai.

Non ho ereditato la silhoutte longilinea della mia mamma ma la forma (anche se di tutto rispetto) delle donne un po’ anforette del sud.

Tra i molti doni una cara amica mi ha regalato un bellss paio di calze di Max Mara (color grigio fumo. Che morbidezza e che disegno!) ma quando  ho guardato  la taglia sono sbiancata: la 4!

Ossignur! sono dunque una sorta di donna cannone senza sottofondo di De Gregori e non volo ma piombo nello sconforto. Mi vede davvero cosi? “Sono” davvero così? La mia altalenante autostima  – lei si –cala in picchiata di un buon 50%.

Le provo e..mi stanno giuste giuste.

Peggio mi sento.

E’ vero in questi giorni tutti in quanto al cibo facciamo (Epiiii – direbbe la Litizzetto – Epiii ma te le porti tutte via ‘ste feste?)  dei piccoli stravizi che pagheremo (ed abbiamo anticipato  in moneta sonante) in un paio di visibilissimi chiletti ma…insomma come mai le calze di 3, 4 anni fa – ad esempio quelle di lana con fiorellini colorati che mettevo a Charpocher, ed alcune ancora oggi – sono della seconda misura e mi entrano senza strippamenti? E così pure i vestiti e i pantaloni di taglia 44?

Ma perché la mia banalissima ‘medium’ è diventata una terrificante XL?

Tutto questo avrà a che vedere con i modelli anoressicandrogini che il perbenismo condanna ma che sottosotto la legge della moda esporta e impone? E se gli ‘Uomini preferiscono le bionde’ non è anche vero che un po’ di ciccetta non la dis-degnano affatto?

Perché ho cominciato questo discorso? Non ricordo. La mia capacità di concentrazione è inversamente proporzionale al tempo di riposo che mi sono presa. O forse, anche in questo,  ho ecceduto  giocando a Bestia o al Mercante in fiera?

Svelti, facciamo un esamino di coscienza. Siamo nell’anno nuovo, i giornali tuonano contro gli eccessi (a suo tempo debitamente fomentati), dobbiamo riprendere le nostre ‘sane’ abitudini di stare a dieta e badare al colesterolo,  sisisi’,  ri-prendere l’un due tre in palestrina ma – lo ammetto – mentre l’attività fisica alla fine della giornata, superato il rifiuto iniziale (chi me lo fa fare?) risulta salvifica, tornare ai rigori della dieta scanditi inesorabilmente da un frutto e lo yougurtino a pranzo, un secondo (carne o pesce, oppure 40grammi di formaggio magro) e contorno per cena con il solo ‘sgarro’ di un bicchiere di vino (io me lo prendo e guai a chi me ne priva) ora rosso ora bianco alla bisogna, ebbene, rende davvero funambolica la mia già precaria  gioia di vivere.

Non sono una mangiona, anzi,  ma il cibo per me è il tramite per stare bene in compagnia, per condividere un buon sapore, un pensiero serio o una risata. Ma non dico una cosa nuova. Non si organizzano forse da sempre incontri conviviali per predisporre l’ospite ad essere più malleabile rispetto a quanto gli si vuole estorcere? Non si cucina ‘mpressa mpressa’ il vitello grasso per  segnare un evento indimenticabile (per il povero animale)?

Comunque. Non vi è anno nuovo senza buoni proponimenti. Il miei?

Vorrei tentare di prendere un po’ meno il motorino e cercare di camminare un po’ di più,  evitare – aggiungo –  l’ascensore andando in ufficio.

Vorrei sorridere benevolMENTE  guardando al PD e pensare  ‘ dai tempo al tempo,  son ragazzi’ anche se poi i ragazzi hanno l’età mia e il tempo inizia che è già scaduto.

Vorrei potere anche quest’ anno guardarmi allo specchio e riconoscere senza arroganza che qualcosa di buono per cui vale la pena andare avanti mi appartiene. Come mi appartiene il bacio leggero della buona notte che mio figlio posa sulla mia fronte e che io gli restituisco al mattino svegliandolo.

 

Passo la parola scritta a voi e lascio carta bianca.

Allora? Insomma!  Sono curiosa.