La moda al tempo della crisi (criiisi?)

 

 

La collezione dei ‘nostri’ D&G  (dio li fà e poi li dovrebbe accoppare) per il prossimo inverno taglia quel noioso, lungo e snervante passaggio che si vive tra il weekend sulle nevi e l’appartamento in città: il traffico e le miglia di distanza.

Così, nei mesi freddi che verranno (non vi allarmate, parliamo dell’inverno prox)  andare in ufficio con la tuta da sci o all’aperitivo con gli stivali da Yeti diventerà la norma. Pista da sci e metropoli unite senza soluzione di continuità.

Il guardaroba sarà principalmente composto da lana a lavorazioni pesanti con i classici motivi norvegesi , riprodotti anche sulle maglie e sugli abiti di chiffon leggero. E, siccome l’ispirazione va seguita alla lettera, anche sui jeans e sui bustier di denim. Il gioco dei volumi è presto fatto caldissima sopra: (ma sempre mini, corto, oppure extra large, a vestaglia) e nuda nudissima sotto (gambe al vento e abiti leggeri come una brezza estiva).

La pelliccia è la  ciliegina su questa torta congelata: borda giacchini in stile Chanel, scalda i mega cardigan che fanno la parte del cappotto, e trasforma tutti gli stivali in Moon Boot da città.
E finalmente la sera, fresche come rose, eccoci pronte in camicioni da sera di chiffon bianco e trasparente indossati con giacche maschili di velluto nero.

 

Come dire: l’arte di vendere  sogni bislacchi a sempre più lavoratrici alle quali la dieta forzata della crisi (crisi???) ancora concede il parrucchiere una volta al mese e la consequenziale lettura di queste scempiaggini.

 

Ossignur! che faccio dei miei boots senza "moon"?

 

Sebben che siamo donne

 

Deed deep inside

"Venne il momento in cui la sofferenza altrui non li sfamo più: 

essi ne pretesero lo spettacol

Amélie Nothomb, Acido Solforico

=

Sul blog di  http://tittidiruolo.splinder.com/ si parla di donne e del femminismo perduto. Tema importante che trova me assai più fiduciosa di molte altre  sue interlocutrici.

Vorrei ricordare, parlando di donne una donna, una vita passata a proteggere le donne: Tina Lagostena Bassi, giurista,  conosciuta nei tribunali come uno dei  principali e agguerriti avvocati per la difesa dei diritti delle donne, tra le fondatrice di Telefono azzurro, co-autrice della legge contro le violenze sessuali, fu anche Presidente della commissione nazionale parità e pari opportunità uomo-donna.

‘Santo’ Google mi verrà in aiuto perché con un clik ci squaderna vita, morte e miracoli di tutti, anche di questa ‘bella’ figura di donna a tutto tondo (http://it.wikipedia.org/wiki/Tina_Lagostena_Bassi)

 

Parlo di Tina L.B. perché la frase che ho citato, tratta da un  libro di Amelie Nothomb, mi ha riportato alla sua difese nel processo  di Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, le due giovanissime ragazze, invitate ad una festa da tre ‘bravi ragazzi’ della roma ‘bene’ degli anni settanta (1974): ricordo  i loro nomi: Giovanni Guido. Angelo Izzo, Andrea Ghira che, proprio nella villa del Circeo della famiglia Ghira, abusarono e torturarono le due ragazze  per la notte e tutto il giorno successivo. Rosaria morì. Donatella si finse, con grande spirito, morta cosicchè entrambe vennero caricate nel bagagliaio dell’auto e in attesa di decidere il da farsi i ‘nostri’ andarono, giustamente,  a cena. Donatella riuscì ad attirare l’attenzione di una guardia giurata e si salvò senza mai dimenticare e riuscire a vivere una vita tranquilla. Morì nel 2005 di tumore senza avere mai avuto piena giustizia.

Di questi ‘bravi ragazzi’ sappiamo che di Andrea Ghira, scappato in Spagna, tra molti misteri se ne sono perse le tracce.  Angelo Izzo nel 2004 ottenne la semiliberta e la usò uccidendo una donna appena conosciute e la figlia di 14 anni. Giovanni Guido ha scontato a fronte di 30anni di pena 22 soltanto ed è uscita dal carcere nel 2009. Pare che un’anima pia si sia innamorata di lui ed è in procinto di sposarsi.

Non è un post da fine settimana epperà colgo più occasioni: per rispondere a Titti che oltre le Veline e le nostre varie Ministre amministrateci dal premier ci sono tante ragazze e donne che fuori dai riflettori vivono vite dignitose e ove, trovano spazio. le riusciamo anche a vedere.

Vorrei, come dire? – riabilitare Amelie Nothom definita da un amico scrittrice ‘snob’ e, magari suggerire di leggere qualcosa di lei. Non è certamente una scrittrice facile, anzi la definirei piuttosto dura ma sta di fatto che se ci piace il rost-beef al sangue non ci tireremo indietro davanti alla crudezza di Amelie: "Non scrivo come un uomo più di quanto scriva come una donna. I tentativi di ghettizzare ciò che gli americani chiamano "gender" mi sembrano stupidi e destinati al fallimento."

 

"Tutti i libri del mondo."

 

Tutti i libri del mondo
non ti danno la felicità,
però in segreto
ti rinviano a te stesso.

 Lì c’è tutto ciò di cui hai bisogno,
 sole stelle luna.
 Perché la luce che cercavi
 vive dentro di te.

 La saggezza che hai cercato
 a lungo in biblioteca
 ora brilla in ogni foglio,
 perché adesso è tua.
 

Hermann Hesse

Avevo un po’ di tempo stamattina, finalmente nel mio ufficio senza  il solito via vai di persone che entrano e escono e non sai mai se è per lavoro o ‘solo’ per fare due chiacchiere e decidere per la cena chè stare fuori sede fa sì che ad una certa ora, tutti i giorni, l’argomento principale sia la cena: dove e con ‘chi’ e chi lasciare fuori perché  bla bla bla.

 

Dunque entrando mi accosto alla libreria e col dito accarezzo  i  titoli dei libri e mi fermo su uno in particolare che prendo in mano:

 

“Stai per compiere ottantadue anni. Sei rimpicciolita di sei centimetri, non pesi che quarantacinque chili e sei sempre bella, elegante e desiderabile. Sono cinquantotto anni che viviamo insieme e ti amo più che mai. Porto di nuovo in fondo al petto un vuoto divorante che solo il calore del tuo corpo contro il mio riempie”.

 

André Gorz, l’autore e sua moglie Dorine si suicidarono, morirono insieme come insieme erano vissuti.

 

“Noi saremo ciò che faremo insieme”, aveva scritto Andrè anche se in effetti il pensiero era riferito al matrimonio che lui non accettava.

 

Ripongo il libro: non  posso che tremare, tacere e essere anche arrabbiata col mondo intero (io, donna di poca fede)  per tutto l’ immenso amore traboccante che non ho avuto né avrò mai.

Un ultimo grande regalo ( e non c’entra la banalità del santo appena passato)  questo che ci lasciano André Gorz e Dorine. Un lungo, eterno, sodalizio d’amore, una  gemma da custodire in uno scrigno tra le cose più preziose. Una gemma che per assurdo – mediata da quelle pagine fruscianti – sarà anche nostra.

Tutti i libri del mondo
non ti danno la felicità,
però in segreto
ti rinviano a te stesso.

Lettera a D. Storia di un amore
Autore André Gorz
Editore Sellerio

Oltre le nuvole, sapore di bacio

 

Seduta più o meno al solito posto ‘finestrino’  guardo la coltre ovattata e azzurrina delle nuvole che ci racchiudono mentre isolata nei miei pensieri mi ritrovo a inseguire il sapore di quel bacio.

 

Il cricetino nella mia mente comincia a scandagliare veloce tutte le possibili varianti. L’ha cercato nelle pagine dei libri, tra le poesie, tra i miei sonetti preferiti, ha controllato che non fosse caduto in mare, sepolto dal disordine di altri baci, ovunque. Eppure nessuno, proprio nessuno, era lui.

Ha ripassato – il cricetino – a memoria le canzoni, leit-motif di altri baci. Scandagliato velocissimo altri grandi baci cinematografici.

No! Del mio bacio, di quello che vado vagheggiando, nessuna traccia.

 

Il forte vento ha fatto sussultare l’aereo e il mio stomaco fa un salto mortale all’indietro. Montagne russe. Stringo forte le labbra, le bagno con la punta della lingua e improvvisamente ritrovo il suo sapore.

 

“Sapore di bacio”

 

“Ponete nella terrina del cuore un pizzico (quanto basta) di follia, aggiungete a piacere qualche parola appena sussurrata, amalgamate con 2 al massimo 3 carezze tra i capelli o… controllate che gli ingredienti si fondano pur mantenendo la loro fragranza, ponete cura a che il tremore interno non vi renda goffi, sorridete con gli occhi dell’anima, frullate il tutto e cominciate a gustarne lentamente il sapore, con un ultimo pizzico di dolcezza ma senza lasciare riposare.”

 

Il bacio, dice l’Artusi dell’amore, è la fragranza appetitosa sulle  nostre labbra. Leggero e delicato non deve mancare mai.

 

Sapore di bacio. Che buon sapore.

 

 

Una poesia, tante poesie nel cassetto

 

 

“non comprerei mai un libro di poesie….”

 

“mai coperto”

 

Questi sono stati due commenti che mi hanno lasciata  basita leggendo l’ultimo post di mauro (lo troverete tra i miei link) su Jacques Prévert.

 

Ora mentre voglio immaginare che il ‘mai coperto’  possa essere una battuta ironica, un gioco in codice, con mauro riferito a un artista a tutto tondo come Prévert,  asserire : ‘non comprerei mai un libro di poesie’  mi ha messo una grande tristezza e nello stesso tempo mi ha fatto sentire una privilegiata.

 

Sta  piovendo, adesso, sento goccioloni lenti battere sul selciato  e penso che anche la pioggia di una giornata qualunque (o di una ‘giornata uggiosa’) trova la sua esaltazione nelle parole di un poeta, sempre Prévert,  Barbara’:

 

Rappelle-toi Barbara

Il pleuvait sans cesse sur Brest ce jour-là

Et tu marchais souriante

Epanouie ravie ruisselante Sous la pluie

Rappelle-toi Barbara

Il pleuvait sans cesse sur Brest…

(E tu camminavi sorridente/Raggiante rapita grondante, sotto la pioggia)

 

Penso che un raggio di sole, un’immensa felicità, un urlo di dolore, il nulla, tutto in natura,  porti alla poesia e  alla musica.

Si possono amare i cantautori italiani o stranieri senza rendersi conto della poesia dei loro testi?

Si può intraprendere un viaggio in Turchia (e così per ogni angolo del mondo)  senza conoscere (o non leggere prima) i versi  di Nazim Hikmet, ‘I tuoi occhi’:

 

‘I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
Così sono d’autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.’

 

Viaggiare attraverso la nostra Italia e riconoscere  nel paesaggio i versi di Pablo Neruda:

 

‘Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono.

Il mio corpo di rude contadino ti scava
e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.

 

Sprofondare nella solitudine, e non sentirsi addosso i versi di Hermann Hesse

Quando mi dai la tua piccola mano
Che tante cose mai dette esprime
Ti ho forse chiesto una sola volta
Se mi vuoi bene?
Non è il tuo amore che voglio
Voglio soltanto saperti vicina

E che muta e silenziosa
Di tanto in tanto, mi tenda la tua mano.’

 

Avere fame d’amore, come un ‘Eden’ forte e dirompente della la mia Emily Dickinson

 

Vieni adagio – Eden!
Labbra non abituate a Te –
Timide –  suggono i tuoi Gelsomini –
Come la languente Ape –

Che raggiunge in ritardo la rosa,
e nella sua camera ronza –
valuta il nettare –
Entra – e nei Balsami si sperde.

 

Dunque perché dire a priori che la poesia ci è estranea se anche senza accorgercene ci imbeviamo di poesia quando guardando negli occhi una persona cara le sussurriamo ‘Ti voglio bene’?

 

Scusatemi per la presunzione e il pressappochismo ma lo dovevo dire, anche per giustificare a me stessa la fatica a ciclo continuo di spolverare uno a uno libri su libri e continuare a comperarne in libreria e sulle bancarelle per il gusto di stringerli in mano, fedeli compagni delle mie giornate,  dei miei viaggi, passe-par-tout per il sonno, per i sogni.

 

  

La Banda Bassotti colpisce ancora

Parterre d’eccezione per l’approvazione del legittimo impedimento alla Camera: presenti 595 deputati su 630, caso piuttosto raro.

Tra i banchi del governo per primi sono arrivati i ministri fedelissimi di Silvio Berlusconi: Renato Brunetta, Mara Carfagna, Franco Frattini, Angelino Alfano, Raffaele Fitto, Claudio Scajola, Maria Stella Gelmini, Elio Vito. Ma per il voto finale c’erano anche Umberto Bossi, Giulio Tremonti, che è rimasto in piedi per mezz’ora visto che non c’era più posto a sedere tra quelli riservati all’esecutivo, Ignazio la Russa e Andrea Ronchi.

 

Le disposizioni, in soldoni, consentiranno agli esponenti del governo (esclusi i sottosegretari, poveri!) di congelare i processi per un periodo di sei mesi continuativi, che potranno essere prolungati, di rinvio in rinvio, fino a un massimo di un anno e mezzo (i 18 mesi), sempre per motivi istituzionali presentando una giustificazione certificata da Palazzo Chigi o, come dice l’opposizione,autocertificata’.

 

Ma rispetto alla versione uscita dalla commissione Giustizia salta agli occhi una modifica:  la precisazione che la sospensione vale solo quando premier e ministri sono imputati.
Potranno quindi presenziare a processi in quanto  
parte lesa. A me sembra chiaro, dunque che il legittimo impedimento è utilizzabile a totale discrezionalità si puo’ andare al contrattacco ma non essere attaccati.

Pietro Calamandrei disse che le aule di giustizia non avrebbero dovuto riportare che "La legge è uguale per tutti" perchè così non è mai stato e men che mai ora.

Una ragione in più per vergognarmi del mio Paese e dell’immagine che diamo al mondo.

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L'ultimo viaggio (in camper)

 

 

 

 Non è passato un anno dalla fine del lungo calvario che ha visto protagonisti in prima persona Peppino Englaro e in seconda battuta sua figlia Eluana in coma irreversibile da quasi 18 anni.

Questo padre si è battuto perché venisse rispettata la volontà preventiva della figlia a ‘staccare la spina’  qualora – lei incosciente –  si fossero verificati  tutti i parametri scientifici a conferma.

Peppino Englaro pur ottemperando a tutti i passaggi burocratici e legali ha subito denunce e aggressioni mediatiche fino a quando, dopo il definitivo nulla osta della magistratura, in una struttura ‘coraggiosa’  ha esaudito  le volontà della figlia rinunciando anche a quel mucchietto d’ossa che la rappresentavano.

Il nostro Governo,  e  il presidente del consiglio, di quella non-vita hanno fatto un campo di battaglia senza lesinare neppure l’accusa di ‘assassino’ al padre,  sventolando, estrema ratio, la macabra eventualità che quel corpo devastato e privo di vita avrebbe potuto generare un figlio.

A questa sempre troppo tardiva fine privata della dignità  cui ogni essere vivente avrebbe diritto (quantomeno avendo anticipato le proprie personali volontà : testamento biologico) hanno fatto seguito mille proclami di immediata legiferazione sulla materia entro una settimana al massimo per impedire altri delitti.

 

A che punto siamo oggi a distanza di molti mesi?

Un esempio emblematico e schiacciante.

 

Con  poche righe, in ottava pagina,  qualche giorno orsono  veniva riportato lo sconcertante comunicato di un signore, Pietro Crisafulli, che, esasperato,  a nome di tutta la sua famiglia denunciava lo stato di totale abbandono da parte delle istituzioni nell’assistenza del  fratello Salvatore in coma irreversibile da sette anni e dunque, attraverso la carta stampata,  informava di avere affittato un camper per andare in Belgio dove “tutto è pronto per praticare l’eutanasia” e aggiungeva che “Solo l’intervento di Berlusconi e di fatti concreti potrebbero fermarmi”.

 

Nella mia falsa ignoranza provocatoria a suo tempo io mi posi il problema dell’elevato costo di strutture idonee, su chi avrebbe dovuto provvedere alle spese e sulla  natura dell’assistenza da anche psicologica da garantire alle famiglie con un malato (malato?) in stato vegetativo.

Una inconfutabile  risposta violenta ma realista  me l’ha data Pietro Crisafulli con il suo viaggio verso la morte. Ci si libera di un fratello/fardello da soli, oppressi dalla necessità. 

Niente è stato fatto e un ennesimo proclama del fare è finito nel calderone già pieno.


dal film di Luc Besson "Leon" e la sua pianta

 

 

Ps. Mentre scrivo apprendo  a) che Don Benzi della Comunità Papa XXIII si è offerto di accogliere Salvatore Crisafulli nella sua struttura  e  b) che da  parte di un gruppo di parlamentari bipartisan è partito un appello al ministro Fazio  per garantire assistenza alla famiglia Crisafulli.

Questa nostra politica casereccia e tutta ‘core  mi riporta al pragmatismo di mia nonna che gestiva la nostra famiglia affrontando un problema per volta e man mano che si presentavano. 

 

 

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