“CICLONE ATLANTICO, POI CALDO FINO ALLA FINE DEL MESE . E’ giunta la parte avanzata di un vortice di origine nordatlantica”
Mio fratello piccolo sta come sta e a chi vorrà potrà cercare qua e là, mentre mio fratello grande sono io che non so se è qua o là o fors’anche ubiquo perché se l’andare degli anni a me ha fatto l’effetto di ammorbidente mitigando certe mie asperità da istrice, a lui ‘st’anni certamente l’ hanno infeltrito in una sua centri-fuga solitaria.
Ora se un caro amico soltanto pochi giorni fa paventava gli inciampi dei suoi primi 70 anni, io credo che arrivi un momento imprecisato, spesso addirittura anticipato, nel quale il minimo squilibrio sposta psicologicamente quel ‘la sottile linea rossa’ e…patapuffete.
“C’è una sottile linea rossa che separa il sano dal pazzo. C’è una sottile linea rossa che separa il paradiso dall’inferno, la vita dalla morte. C’è una sottile linea rossa che separa il bene dal male, la pace dalla guerra. O meglio, c’era una sottile linea rossa ed ora non c’è più.” (R. Kipling)
Brusca virata del post su questo bellissimo tra i moltissimi film di cui sono stenue sostenitrice, di Terrence Malick – del 1998 – che fu presentato dalla critica come risposta alternativa alla crudezza violenta, non che ogni guerra non ne sia indenne, de ‘Salvate il soldato Ryan’ film anch’esso del 1998 diretto da Steven Spielberg.
Credo che pochi sappiano che l’omonimo romanzo di James Jones, da cuiTerence Malick trasse il soggetto per la realizzazione del film, deve a sua volta il titolo al romanzo Tommydi Rudyard Kipling il cui racconto è inserito nella collezione Barrack-room Ballads e “La sottile linea rossa di eroi” si riferisce alle giubbe rosse delle divise militari della fanteria britannica. In particolare Kipling racconta la battaglia di Balaclava del 1854, denominata appunto ‘la sottile linea rossa’.
La poesia di questo film di guerra sta tutta nel profondo senso di pace che scaturisce dal rapporto dicotomico tra l’ imperturbabilità della natura e la scelleratezza distruttiva dell’uomo mentre la macchina da presa indugia sulla vitalità di quella parte di mondo inconsapevole tra la brezza del vento che muove le felci, lo scrociare dell’acqua, il cinguettio degli uccelli e più in là, parte integrante di un tutto un soldato che muore soffrendo, silenziosamente.
“Invitta fragilità
come lo gridi al mondo
fiore inzuppato di viola
come al vento tremando
dispieghi il tuo emblema”.
Pietro Ingrao ‘Il dubbio dei vinvitori’ Mondadori 1986
Teniamoci strettistretti: il freddo al cuore è faticosa da riscaldare. Buona settimana (e ‘speriamo che noi ce la caviamo’ ) !
Vivo a Roma, in zona Monte Sacro, dunque zona via Salaria. A circa 100 km da Rieti, forse meno in linea d’aria, dall’epicentro del terremoto di questa notte.
Grande paura, o meglio pauroso quanto è successo. Sally qualche secondo prima mi ha svegliato mugolando ed io ho pensato volesse stranamente uscire. Mi sono alzata per aprirle il giadino e sono letteralmente caduta a terra avendo perso l’equilibrio: ho pensato a un mio malore e nel frattempo si è svegliato anche mio figlio e il palazzo e le finestre si sono tutte illuminate…
Stamattina presto i dettagli, video, foto, testimonianze.
Il parallelo mi e arrivato facendo involontariamente affiorare altre immagini , altri luoghi: ” nessun luogo è lontano” (cit R.Bach) , alla guerra che gli uomini si fanno insensatamente e le catastrofi altrettanto devastanti, inaspettate, che pone in essere sempre più spesso la Natura.
Perche?
Bambini di Aleppo
fuga dalla guerra in Siria
fuga dal terremoto ad Amatrice, oggi 24 agosto 2016
Disperazione italiana tra le macerie, Amatrice
Disperazione tra le macerie di Aleppo, Siria
Un quadro irreale queste tre donne italiane e cane, Amatrice
C’ è stato un scambio di tweet sulla civiltà e sul progresso e mentre ‘lui’ buttava tutto al rogo io volevo vedere un lato positivo. La risposta finale è stata disarmante :
“amo guardarmi intorno, nella vita reale e quest’ essere umano non mi piace”.
Una contraddizione in termini perché ama quello che non gli piace.
Non sono una che vive con il paraocchi, le brutture ci sono e le vedo tutte perché le incontro tutti i giorni, non c’è bisogno di leggerle e lo dovrebbero sperimentare ‘sul campo’ i Governanti tutti e capirebbero come menare il can per l’aia sia un affronto reale , questo sì, alla dignità delle persone, alle loro aspettative di una vita decorosa.
Sarò ancora troppo comunista? No. Non credo sia un diktat vergognarsi delle proprie ricchezze quando si estendono e creano benessere e dunque ampliano il margine di felicità ad altri.
La prima volta che sentii parlare di ‘felicità’ non come astrazione ma concreto termometro economico di un Paese fu dal professore Amartya Sen, premio Nobel per l’Economia (ed economia non è basata su voli pindarici ma su concretezza) in una conferenza , e ancora in una suo saggio ‘Libertà individuale come impegno sociale’, ‘L’idea di Giustizia’ e infine (già premonitore) ‘La povertà genera violenza?’ del 2007..
Credo di essermi persa, No, ecco, tutto questo per dire che nella realtà, quella che ognuno di noi incontra la mattina fuori dalla porta di casa è una mescolanza di tante cose e un po’ come il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto sta a noi porci in uno stato d’animo che faciliti un rapporto più tranquillo (sereno, anche) con il resto del mondo. E soprattutto attenzione alle piccole cose, ai piccoli gesti.
Ricordo e tengo a mente una massima di Madre Teresa di Calcultta:
Noi, o almeno io. non possiamo fermare i trafficanti di carne umana e neppure definire le sorti del mondo tormentato affamato e in guerra, non possiamo occuparci di ‘massimi sistemi’ ma accettare di migliorare piccoli spazi con piccoli gesti aiuterebbe.
Settembre si avvicina e come il primo giorno di scuola la mia pagina è bianca. Vorrei che arrivasse al prossimo anno senza doverne nascondere brutti scarabocchi e macchie. Vorrei mantenere la serenità che ho in questo momento mentre guardo il cielo scurire e una ‘maledetta zanzara mi ha punto sul polso!
Buon fine settimana a voi che passate e un abbraccio.
Avevo in mente una deliziosa ricetta fresca fresca perché qui a Roma il tempo si è messo al molto bello e viene voglia diccose stuzzicanti… Rimandiamo perché un ronzio occupa la mia testa da un paio di giorni e devo sapere cosa ne pensate voi.
Mi giunge notizia di un nuovo follower su Twitter. Bene, mi fa piacere perché per seguire me che sono abbastanza incostante ci vuole coraggio. Vado a vedere il profilo e la pagina del baldo giovinotto del 1992 e sì, insomma leggo:
“Pretendo per tutti noi un’#Italia migliore, forte, giusta, onesta, sicura, meritocratica. E voglio crearla, arrestando crisi e decadenza.”
Idee chiare che esprimono buona volonta e determinazione. Vado oltre ed ecco una sua risposta ad un altro tweet:
“Chi è quello scemo che sceglie di combattere per il proprio Paese quando all’estero gli danno vitto e alloggio gratis?”
Non mi sento di tacere e controbatto:
reny @renyrome 1 lug “Forse non le donne forse i bambini forse i vecchi forse i perseguitati? Brutta bestia il qualunquismo..”
@renyrome “Il qualunquismo lo fa lei. Son tutti vecchi, tutti bambini o donne? A me non pare. Non dimentichi, esistono donne combattenti”
‘Esistono le donne combattenti’! Ecco cosa mi era sfuggito o cosa sfugge ai più, le donne combattenti. Purtroppo noi, in Italia, siamo più avvezzi alle donne combattenti tra le lenzuola dei potenti o dei taroccati piuttosto che a quelle col kalashnikov.
Noi siamo ancora in grado, per nostra fortuna, di piangere una singola donna oltraggiata dal ‘suo’ uomo proprio perché non ha saputo combattere.
Ora questo scambio ad alto livello avveniva tra gli ultimi due gravi atti terroristici quello all’aereoporto di Istambul ( poca roba ormai siamo abituati ai morti al sangue, alla disperazione, alla paura…quella degli altri, all’ora di cena, prime time).
E’ possibile un mondo diverso? Questo mi sto chiedendo da tre giorni se il pensiero striscinate che si insinua è ‘restatevene a casa vostra, furbastri?
E provocatoriamente penso anche ai nostri giovani, ai tanti ‘cervelli in fuga’ che supportati dalle proprie famiglie partono a cercare il loro futuro altrove, non si può dire anche per loro che sono dei codardi e che dovrebbero restare e ‘combattere’ per la loro Patria?
“la storia di Favour commuove l’Italia, pioggia di richieste per adottarla.”
La bambina di nove mesi è arrivata ieri a Lampedusa, la madre – incinta di un altro bambino – non è sopravvissuta alla traversata. Domani sarà trasferita a Palermo.
“La foto della bambina fa il giro del mondo.”
Piangere fa bene, lava l’anima, non si resiste alla commozione generale fa sentire partecipi.
Vi vorrei ricordare per il momento alcuni ‘numeri’ che riguardano bambini o comunque minorenni arrivati in Italia di cui si so sono perse le tracce. Secondo gli ultimi dati Eurispes (Rapporto Italia 2016), solo in Sicilia – dove nel 2015 erano presenti 3.878 minori stranieri soli, il 34,1% degli sbarchi complessivi, quasi la metà risulta irreperibile. Fuggiti dai centri di prima accoglienza, traumatizzati ed abbandonati a sè stessi, non è difficile immaginare che dopo la fuga, ad accoglierli, una volta perse le loro tracce, sia la criminalità organizzata. Bambine e bambini già troppo grandi per muovere a tenerezza!
Tratta e sfruttamento, infatti, colpiscono soprattutto i minori migranti. Dal 2012 al 2015, secondo Save the Children, sono state 1.679 le vittime accertate (accertate in quanto già identificati, molti fuggono prima) di tratta in Italia.
Però i giornali sono stati subissati di richieste di adozione per la piccola Favour ed io le augurocon tutto il cuore che la vita possa offrire un risarcimento per tutta la sofferenza di cui lei e tanti altri piccoli sono vittime innocenti.
Alla croce del Signore
tutta immersa nel dolore,
sta la madre in lacrime.
Lo Stabat Mater ( Stava la madre) è una preghiera – più precisamente una sequenza cattolica del XIII secolo attribuita a Jacopone da Todi. La prima parte della preghiera, che inizia con le parole Stabat Mater dolorosa (“La Madre addolorata stava”) è una meditazione sulle sofferenze di Maria… La musica è di Giovanni Pergolesi.
“Una canzone del mondo senza padri ma con tanti nonni e zie. Una canzone che viene da lontano da diversi luoghi e diverse epoche. Una canzone antica e moderna dunque contemporanea. Una canzone che ti muove cuore e testa e sventola alta come una bandiera. Una canzone che racconta una storia triste ma trasmette gioia e coraggio. Una canzone di lotta e di amore. Una canzone di libertà anzi la canzone della Libertà.
Le origini sono leggendarie, plurali, incerte. In principio non ci sono i partigiani, non solo. Bella Ciao paga debito anche alle mondine, ai soldati della Prima guerra e alle donne dell’800, forse a dei violinisti yddish. Di contaminazione in contaminazioni si può risalire a perdersi nel Cinquecento normanno.
Dagli anni ’60 del secolo scorso cominciano a cantarla tutti. E’ tradotta in più di quaranta lingue, con versioni in sinti e e in cabilo.
I francesi, grazie a Yves Montand, la cantano persino in italiano. Dopo l’attentato di Charlie Hebdo un anno fa, il popolo in piazza la intonava.
“Vale così tanto e per tutti perché non c’è altra canzone in nessuna lingua a dare una così gioiosa stangata all’oppressore, stando al testo, all’invasore”.
Come Guernica è molto più di un quadro, Bella ciao è molto più di una canzone: Cantandola si è rivoluzionari “non con la durezza delle armi, ma con i colori della poesia”.
Non riesci a non cantarla. E viene da battere le mani a ritmo. E viene il sorriso. Sono decine di versioni e ciascuno è libero di cantarla come vuole.
Sempre Bella Ciao è.
Forse non ha padri ma siamo tutti suoi figli.
(Recensione di Gian Luca Favetto al libro Bella ciao di Carlo Pestelli. Le parti virgolettate sono dell’ autore.)
Oggi è il 25 Aprile. Una pagina importante della nostra Storia.
Mali, attacco jihadista a hotel di Bamako: “Almeno 27 morti. Ostaggi tutti liberi”
Non gridate più
Cessate di uccidere i morti
Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire
Hanno l’impercettibile sussurro,
Non fanno più rumore
Del crescere dell’erba,
Lieta dove non passa l’uomo.
Giuseppe Ungaretti
Red Rain
Red rain is coming down
Red rain
Red rain is pouring down
Pouring down all over me
I am standing up at the water’s edge in my dream
I cannot make a single sound as you scream
It can’t be that cold, the ground is still warm to touch
Hey, we touch
This place is so quiet, sensing that storm
Erano i primi anni 50 e alla sorella più piccola di mia mamma, Mussi, venne concesso di andare a studiare all’ Académie des beaux-arts a Parigi. Precorsero i tempi i miei nonni.
L’anno successivo la zia Mussi si innnamorò di uno dei accademici e si sposarono: tra loro a contrariare i genitori c’erano 30 anni di differenza. Vissero ‘felici e contenti per oltre 40 anni.
La prima volta che io e mio fratello andammo a Parigi avevamo meno di sei anni scendemmo a la Gare de Lyon e lì, siamo negli anni Sessanta, si materializzo per noi il primo ‘uomo nero’ delle paurose favole punitive. Il ‘politically correct’ era di là da venire e a Torino non avevamo mai incontrati uomini così diversi da noi.
Divenne per noi consuetudine passare le vacanze con gli zii in Normandia e sostare qualche giorno a Parigi perché nel frattempo erano nati i due cugini e continuare, ora con meno frequenza, ad avere con Parigi un forte legame.
Per queste mie ragioni personali ho vissuto i terribili eventi di ieri sera ancora più pesantemente di altri drammatici attentati che da dopo l’11 settembre si susseguono incessantemente un po’ in tutte le capitali europee.
“Avremo sempre Parigi”
(dal film: Casablanca)
“Oh! ma Parigi non è fatta per cambiare aerei.. è fatta per cambiare vita! Per spalancare la finestra e lasciare entrare la vie en rose”
(dal film: Sabrina)
“Non si può scegliere se Parigi sia più bella di notte o di giorno, ti posso dare un argomento che mette ko sia l’una che l’altra ipotesi.. Sai a volte mi chiedo come qualcuno possa realizzare un libro, un dipinto, una sinfonia o una scultura che competa con una grande città. Non ci si riesce, ci si guarda intorno e ogni strada, ogni boulevard, sono in realtà una speciale forma d’arte. E quando qualcuno pensa che nel gelido, violento e insignificante universo esiste Parigi ed esistono queste luci, insomma andiamo non succede niente su Giove o su Nettuno, ma qualcuno lassù dallo spazio può vedere queste luci, i caffè, la gente che beve e che canta. …”
(dal film Midnight in Paris)
“Parigi sarà sempre Parigi. Che vuoi di più?”
(Frédéric Dard)
Les prenoms de Paris
Jacques Brel
“- Questo è un sogno?
– Il più bello dei sogni, amore mio.
– Sì, ma perché qui? Perché ora?
– Perché qui? Perché ora? Quale posto migliore di Parigi per sognare?”
(dal film: Ratatouille)
“Ho due amori: il mio Paese e Parigi”
Joséphine Baker
… e per chi desiderasse sapere qualcosa di piu sulle mie prime esperienze e sulla Normandia questo è il link