Fuit quoddam tempus..

 

 

Granada, 28 settembre 2005

 

 

In questa terrazza così accogliente che spazia su Granata e l’Alhambra, mentre tuona furiosamente tra le nuvole allarmate ancora tinte di rosa,  mentre l’abbraccio della Sierra ci avvolge rassicurante, sento forte lo sgomento di tanto mio nulla e:

“ …cerco l’errore decisivo colpa di tutto che potrei avere commesso e non riesco a trovare.” (f. kafka)

 

Suvvia, non è poi così grave  sopravvivere ai propri mal di pancia.

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Canne(s) al vento

 

 

 

Elio Germanofaccetta pulita e quasi timida da ‘bravo ragazzo’ ossequioso,  premiato a Cannes  come miglior attore per il film di Daniele Luchetti  ‘La nostra vita’  (ex aequo con Javier Bardem,  per ‘Biutiful’ di Gonzalez Inarritu). nel ritirare il premio ringrazia il suo regista, la produzione e con queste parole dedica il riconoscimento a tutti gli italiani:

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"Siccome la nostra classe dirigente rimprovera sempre al nostro cinema di parlare male della nostra nazione dedico il premio all’Italia e agli italiani che fanno di tutto per rendere l’Italia un paese migliore nonostante la loro classe dirigente”

 

Chapeau Elio!

 

(una lezione naturalmente mal recepita dall’esimio Sandro Bondi, nostro ministro della CULtura cui personalmente rispondo con un intercalare che piace molto al Pdl:

 

“Si vergognii! " (signor ministro)

 

Rimini(scenze) al sapore di sale senza mare

 

 

Correvano gli anni Ottanta, anzi li ho visti volare.

 

Il fatto. Subito dopo l’estate una cara amica raccontò alla mia prozia (sorella di mio nonno) di avere visto l ‘ architetto suo marito da Sabatini di Ostia (molto noto e molto rinomato ristorante)  con una ragazza assai  giovane che prima aveva fatto il bagno e poi  pranzato in sua compagnia: “Sembravano molto intimi”, aggiunse.

La mia prozia Adolfina, che era una grande volpona, perfida e serafica rispose:

“Sì, sì,  spesso quando io vado a fare le cure termali  dorme anche a casa nostra.”

 

L’antefatto. Lo zio Mimmo era un gran bel signore un po’ avanti con gli anni (ora che ci penso ne doveva avere solo  una settantina), di grande cultura, grande affabulatore e amante della  buona tavola,  ma soffriva di cuore e dunque,  coincidendo il periodo con le ferie della domestica, a mia zia faceva piacere che io mi fermassi a dormire da loro ed io non avevo alcun problema, anzi!,  vivendo già all’epoca da sola.

 

La conclusione. Il mondo è pieno di brave persone solerti nel seminare vento (la calunnia è un venticello), in questo caso assolutamente gratuito.

 

 

 

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sorella morte, perchè ancora i nostri soldati?

 

 

“Come ti privatizzo l’esercito

 

Perché no?  I soldati sono una merce come l’altra, che si compra e che si vende.  E che, come tutte le merci, si deteriora e va sostituita. I soldati invecchiano, oppure vengono feriti, o ammazzati. Particolarmente in tempi di guerra.Le ultime statitistiche dicono che tra l’Irak e l’Afghanistan sono morti in questi anni 3.034 soldati e 20.811 sono rimasti feriti (dati al  21 settembre 2008), molti in modo grave,  quindi irrecuperabili. Non servono più e ce ne vogliono di nuovi.

Sono anche una merce sempre più rara, dal momento che dal 1973 – da quando cioè è stata abolita la leva obbligatoria –  le forze armate possono fare affidamento solo sui volontari. …

Ma per tornare ai soldatini, per reperirli le due società hanno scelto la consolidata strategia del  porta a porta come si fa per le enciclopedie…sguinzagliati per il Paese dove la disoccupazione è più forte. Per ogni nuovo soldato il reclutatore riceve 5.700 dollari, più, se raggiunge una certa quota….I risultati non si sono fatti attendere…certo si tratta di merce particolarmente deperibile, almeno fino a quando durerà la guerra  (qui si parla di dati riferiti alla guerra in Afganistan) e quindi va sostituita in continuazione.

Così almeno per i reclutatori il problema dell’occupazione è risolto”

 

Il brano è tratto dal volume di Stefano Rizzo “La svolta americana. Cronache dalla fine del bushismo (2006-2008) edito da Crs-Ediesse.

 

C’ una dedica sulla mia copia: “Alla mia cara sorellina senza la quale anche questo libro non sarebbe stato scritto. Stefano" (bontà sua, naturalmente)
 

“senti…senti…come mai ti piaccio tanto io?”

 

 

 

The million dollar hotel è un film del 2000 di Wim Wender, nato da un progetto di Bono degli u2 che oltre ad averne scritto e interpretato la colonna sonora, ne ha anche curato la sceneggiatura e lo ha prodotto.

Siamo a Los Angeles, Il Million Dollar Hotel è un albergo fatiscente, destinato alla demolizione, lì gravitano sbandati e vagabondi, ultima spiaggia di tutte quei residuati di persone che non hanno più nulla da chiedere o hanno voluto chiudere ogni rapporto con la vita. Tra i residenti c’è Tom Tom (Jeremy Davies), un ragazzo innamorato, sprovveduto come un bambino, perso dietro una ragazza che sembra venire da un altro mondo: Eloise (Milla Jovovich ( ‘the hearth beneath her feet’ canta Bono).

 

 

A scuotere l’esistenza di questo luogo ci penserà un agente FBI Skinner (Mel Gibson) che indaga su un misterioso omicidio avvenuto nell’hotel in cui ha perso la vita il ricco Izzy Goldkiss.

Nonostante sia un film ampiamente premiato – per me – rappresenta un momento lungo 120 minuti di poesia dove Wim Wenders torna ad essere quello dei tempi migliori, di ‘Così lontano così vicino’ e Milla Jovovich è – passatemi l’aggettivo – sublime affiancata da Jeremy Davies altrettanto bravo. Insieme riescono a suscitare grandi emozioni esaltate dalla colonna sonora che raggiunge il suo apice in ‘Satellite of love’ (u2 forever) 

 

Non puo’ dirsi un film di evasione, certamente non porterà un raggio di quel sole che a metà maggio ancora tutti aspettiamo..eppure questo film è film che scalderà il cuore.

Vedetelo, ri-vedetelo, non lasciatevelo scappare.

 

Maggio rose e spose

 

 

Ogni r(sp)osa una spina

Era di gennaio. Avevamo deciso di sposarci il giorno del suo compleanno, una sorta di reciproco regalo ci sembrò allora.

Ammessi soltanto i genitori, i miei fratelli e i testimoni.

Io avevo scelto per l’occasione un vestito lunguette di velluto di seta grigio chiarissimo e sopra un poncho di ciniglia viola, il mio colore. Gli invitati erano vestiti altrettanto sobriamente.

Dimenticavo un bouquet di mughetti e rose bianche che riempi di profumo la sala comunale.

Dopo la cerimonia – con imprevisto tra il comico e il tragico visto che nessuno aveva pensato alle fedi nuziali e dunque mia madre, ricordandosi che dietro Botteghe Oscure c’era il negozio di un tappezziere,  si precipitò a comperare due anelli da tenda – finalmente asciugata qualche inevitabile lacrimuccia tutti a prendere un ricco cappuccino e poi, loro via al lavoro ed io a casa ad allattare il pargolo.

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Nessuna recriminazione oggi. Proprio come nei saggi proverbi popolari, il tempo lenisce ogni cosa. Il dolore passa e in ognuno di noi la forza della sopravvivenza porta prima a rimuovere e poi, piano piano, come fosse una caramella, a rielaborare il gusto buono di quello che ci siamo lasciati alle spalle.

Se così non fosse faremmo dei masochisti e avremmo soprattutto sciupato il tempo migliore.

Vi vedo già asciugarvi le lacrime..non è il caso.

Ma??? allora tutto questo rimembrare perchè?

Perché Maggio è il mese delle rose e delle spose e

Perché ho sempre dichiarato che la mia prossima volta sarebbe stata in pompa magna: abito bianco strascicoso con damigelle in rosa antico e…poco importa se nel corso degli anni al ‘papabile’ marito non ho mai pensato, o meglio, non ho ancora pensato.

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Aldo Moro e Peppino Impastato

Non voglio abusare di parole, troppe, che scorrono ora paludate, irruenti e pietistiche.

Viglio che resti memoria e che vi sia coscienza in chi quella fase politica non ha vissuto e faccia sì che a dispetto dell’oggi nasca una nuova consapevolezza finalmente più  forte della sfiducia di Peppino Impastato.

“Nessuno ci vendicherà: la nostra pena non ha testimoni”.

(peppina Impastato)

Certamente il cadavere di Aldooro, ritrovato il 9 maggio 1978 nel bagagliaio di un’auto parcheggiata in via Caetani (una stradellina  che collega  Piazza del Gesù e via delle Botteghe Oscure)  fissò la memoria di tutti sulla figura del grande statista e sulla pericolosa deriva della Politica con la maiuscola. 

Mia madre quella mattina passò da via Caetani come ogni altra mattina, all’incirca alla stessa ora, e provò un brivido di angoscia quando seppe  quasi subito dai compagni che a pochi metri da lei si era compiuto, con il corpo accartocciato di Aldo Moro morto, l’epilogo di 55 lunghissimi, affannosi, giorni trascorsi in  trattative e giochi di forza, con le Brigate rosse.

 

Quello stesso giorno, come farfalla che batte silenziosamente le ali in un continente lontano eppure assai vicino a noi  sopraffatti per la  grande tragedia nazionale,  in un paesino della Sicilia,  Cinisi, moriva, veniva trovato morto (meglio, ucciso di mafia)  un ragazzo ‘scomodo’ Peppino Impastato la cui vita era strettamente intrecciata alla mafia da parte di  padre per via di un fratello capo mafia della zona. La storia è lunga, complicata e si è trascinata nelle aule di tribunale fino allo scorso anno, Google docet!

Forse, e soprattutto, Peppino venne ucciso per la spavalderia sprezzante con la quale dai microfoni di  Radio Out denunciava la mafia, i suoi misfatti sul territorio, la sua collusione con i poteri politici nazionali.

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 La morte di Peppino Impastato, avvenuta lo stesso giorno e lo stesso anno di quella di Aldo Moro, resterà pressocchè ignota, così come il suo forte impegno civile, per oltre vent’anni fino all’uscita di un film su di lui “I cento passi” di cui non finirò mai di ringraziare abbastanza Marco Tullio Giordana.