L’Onorevole Ministro Piantedosi mostrando alta conoscenza ed empatia, sull’ennesima tragedia del mare ( un naufragio nei pressi di Crotone) in cui sono morti oltre 60 migranti e non si sa ancora quanti dispersi) ha tra l’altro dichiarato:
“Ladisperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli“.
( come se questi genitori avessero portato i propri figli, alcuni neonati altri appena adolescenti, a fare un’escursione premio sull’Himalaya, come se non tentassero – invece – di portarli in salvo, lontani da feroci violenze e privazioni, come se questo viaggio pericolosissimo verso l’ignoto non fosse per loro, dovvero, l’ultima spiaggia.)
Senza respiro e voce
Mentre pendeva in croce
Del mondo il redentor.
E nel fatale istante
Crudo materno affetto
La trafiggeva il petto
Le lacerava il cor.
Qual di quell’anima bella
Fosse lo strazio indegno
No che l’umano ingegno
Immaginar no ‘ l può.
Veder un Figlio… un Dio…
Che palpita, che muore…
Sì barbaro dolore
Qual madre mai provò? “
Lo Stabat Mater è una preghiera – più precisamente una sequenza – cattolica del XIII secolo tradizionalmente attribuita al beato Jacopone da Todi.
Nei secoli successivi molti furono i musicisti che vi si cimentatono e tra questi
Spero si chiuda con i 30 ° afosissimi e questo scroscio di pioggia settembrina un’estate anomala e piena di incognite nell’impossibilità psicologica di aprire la prima pagina bianca dei progetti e delle promesse che ogni anno rinnovo con l’entusiasmo di una scolaretta un po’ svitata.
“Ma tu che vai cercando?
1In questo mare che muta da silenzioso e piatto, quasi fosse un felino in agguato, alle turbolenze prodrome di tracolli negati, nascosti come polvere sotto il tappeto, ecco io?
“Contemplando i musi dei cavalli e le facce della gente, tutta questa vita correre senza rive sollevata dalla mia volontà e che corre a precipizio verso il nulla nella steppa purpurea del tramonto spesso penso: dove sono IO, in questa corrente?” Gengis Khan
Don’t give up
“Cause somewhere there’s a place where we belong.”
” E naturalmente dovrai attraversarla, quella violenta tempesta di sabbia. È una tempesta metafisica e simbolica. Ma per quanto metafisica e simbolica, lacera la carne come mille rasoi. Molte persone verseranno il loro sangue, e anche tu forse verserai il tuo …
Poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato. Sì, questo è il significato di quella tempesta di sabbia.”
‘Kafka sulla spiaggia’
Haruki Murakami (Einaudi 2008).
Un ragazzo di quindici anni, maturo e determinato come un adulto, e un vecchio con l’ingenuità e il candore di un bambino, si allontanano dallo stesso quartiere di Tokyo. Il ragazzo, che ha scelto come pseudonimo Kafka …
Autore e libro che vi consiglio di tutto cuore. Lo si può ordinare in rete. Anche se il 3 maggio riapriranno e librerie!
Nessun facile entusiasmo, nessuna nostalgia per le pasquette all’aperto e in compagnia.
Stiamo a casa… (s)forzatamente ci resta anche Sally che vagheggia di mettersi in posa su bianche msrgherite
Ma si ritrova nel silenlenzio irreale della sera a interrogare il buio
Pasqua con i tuoi (pensieri) e Pasquetta pure ❣
Blinding Lights, Luci accecanti :
‘Ha da passa ‘a nuttata ! ! !
Che altro aggiungere teniamoci stretti stretti abbracciamoci forte anzi i più💕
Facciamo come se fosse vero, ma cmq stacco per qualche giorno: tornerò il 3 maggio o chissà?
” So, so you think you can tell
Heaven from hell
Blue skies from pain
Can you tell a green field
From a cold steel rail?
A smile from a veil?
Do you think you can tell?
Did they get you to trade
Your heroes for ghosts?
Hot ashes for trees?
Hot air for a cool breeze?
Cold comfort for change?
Did you exchange
A walk on part in the war
For a lead role in a cage?
How I wish, how I wish you were here
We’re just two lost souls
Swimming in a fish bowl
Year after year
Running over the same old ground
And how we found
The same old fears
Wish you were here ”
Teniamoci strettistretti anzi di più.
Si fa sera
Piove
Vi lascio per un pochetto
Mi serve tempo
E nuova luce.
So long 💚 🐶
Prima di snocciolare qualche dato è bene chiarire cosa si intende con la parola :
“Femminicidio”.
Secondo l’Istat :
il termine femminicidio, nell’accezione comunemente intesa, “è un neologismo che può essere fatto risalire agli anni 90, per qualificare gli omicidi basati sul genere.
Per l’Accademia della Crusca
il femminicidio consiste nel “provocare la morte di una donna, bambina o adulta, da parte del proprio compagno, marito, padre o di un uomo qualsiasi, in conseguenza del mancato assoggettamento fisico o psicologico della vittima”.
Femminicidi, in Italia.
Tra il 2000 e i primi dieci mesi del 2018 le donne uccise sono state 3.100, una media di più di tre a settimana. E in quasi tre casi su 4 (il 72 per cento) si è trattato di donne cadute per mano di un parente, di un partner o di un ex partner.
ILl NORD e Roma le zone più a rischio (dati Istat).
Foto dal web
Ma poiché sussistono diatribe sulla opportunità dell’uso del termine femminicidio ritenuto in buona misura frutto di un femminismo arroccato, vi regalo, se avete tempo e voglia di leggere, un approfondimento molto interessante.
“0La parola “femminicidio” esiste nella lingua italiana solo a partire dal 2001.
Fino a quell’anno, l’unica parola esistente col significato di uccisione di una donna era “uxoricidio”. Ma uxoricidio, composta con quella parola latina, uxor, moglie, alludeva per l’appunto solo all’uccisione di una donna in quanto moglie e veniva estesa anche agli uomini, quindi al coniuge in generale. Non avevamo una parola che alludesse all’uccisione della donna proprio in quanto donna. Nella lingua inglese invece, dal 1801 esisteva la parola femicide. E a questa prima parola se ne accostò, a partire dal 1992, un’altra che è feminicide. La parola fu coniata dalla criminologa Diana Russell, che la usò in un proprio saggio. Nell’anno successivo, il 1993, l’antropologa messicana Marcela Lagarde usò la parola femminicidio, per l’appunto, e la parola cominciò a diffondersi. L’antropologa aveva usato questa parola per studiare, per ricordare i numerosissimi omicidi di donne che erano stati compiuti ai confini tra il Messico e gli Stati Uniti. E appunto, la parola femminicidio serviva proprio ad indicare questo tipo particolare di uccisione. La parola femminicidio si è diffusa nella lingua italiana a partire dal 2008. In quell’anno è stato pubblicato da Barbara Spinelli un libro intitolato Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale. E da quel momento in poi la parola ha cominciato a circolare, prima di tutto nella stampa, nei giornali e poi a entrare proprio nel circolo della nostra lingua. Contrariamente a quanto si sente ripetere spesso, femminicidio non è parola denigratoria, badate bene! solo perche derivante da ‘ femmina’.
Non è la parola ad essere inappropriata o denigratoria; spesso se ne ha paura non per loro stesse , ma per il significato e per l’avvenimento che evocano.”
Per Elisa Pomarelli e tutte le donne vittime di femminicidio.
E se siete riusciti a leggere anche a balzelloni fino a qui allora…
“Il concetto dell’abitare come indissolubile legame di sangue tra un popolo e un territorio è ormai pura velenosa idolatria.”
‘Stranieri residenti.
Una filosofia della migrazione.’ di Donatella Di Cesare – Bollati Boringhieri.
Purtroppo noi parliamo tra noi vediamo e leggiamo di pensieri e azioni che ci accomunano difficilmente questo nostro modo di essere potrà essere esteso a quella amalgama incolta suggestionabile e senza vergogna ormai libera di esprimere le sue bassezze.
Questo libro tratta temi e vicende non molto diversi o più urgenti rispetto a quelli affrontati quotidianamente ma ci vuole ancora una volta sottolineare che dietro a ogni sguardo, ogni corpo in mare, ogni straccio che il mare ci restituisce non ci sono solo le storie – 255 milioni soltanto nel 2015 – di quanti fuggono dal loro paese di origine dilaniato da guerre o estremamente poveri, vi è il ‘legittimo’ sogno di riscattare in un altrove di pace e umanità la loro vita.
Teniamoci più che mai strettistretti anzi strettissimi.
“Stolpersteine” ovvero le pietre d’inciampo.
Dal 1995 l’artista tedesco Gunter Demnig, installa delle pietre della memoria, della dimensione di un sampietrino, su cui è posta una targa d’ottone con un nome per ricordare i caduti del nazzi-fascismo. L’iniziativa è partita a Colonia e sono ad oggi state installate 50.000 pietre d’inciampo in tutta Europa. L’obiettivo di questo artista è collocare un sampietrino per ogni vittima della deportazione.
Nel 2012 alcune delle pietre d’inciampo sono state installate nel popolare Rione Monti a Roma in Via della Madonna dei Monti e in Via Urbana.
Oggi il 10 dicembre dovrebbe essere ricordato, posto alla cima dei nostri pensieri, come la Giornata mondiale dei diritti umani.
Già! ma non bisognerebbe ricordarsi di essere ‘umani’ consapevoli, compassionevoli, gli uni verso gli altri tutti i giorni dell’anno?
E allora questo sarebbe il giorno nel quale fare un esame di coscienza e domandarci che cosa abbiamo fatto noi – singolarmente – per dare umanità al nostro quotidiano in un momento in cui, almeno io, mi sento accerchiata e nello stesso tempo estranea a quanto, il molto, che mi circonda.
Avere rubato durante la notte alcune pietre dell’ inciampo, una ennesima violenza alle vittime ebree, è una cosa obrobriosa sia che sia stata una bravata sia che vi fosse un ‘nascosto’ messaggio intimidatorio fomentato da una politica brutale e disUMANA.
Il mio albero di Natale e di fronte a me. Il riverbero luminoso delle sue luci intermittenti mi ricordano che sono qui a scrivere quasi a pontificare…eppure avrò bene il diritto, il mio diritto umano, di essere molto triste?
Teniamoci più che mai strettistretti anzi strettissimi 🌲🌲🌲🌷🌿
ll vice presidente del consiglio uno dei due ci ha raccontato che, primo nella storia, con questo sua manovra del reddito di cittadinanza ha sconfitto la povertà.
Un alt(r)o esponente del Governo, perdonatemi non ne ricordo il nome nè sento la necessità di andare a rintracciarlo su Wikipedia, anche lui ha trovato al suddetto reddito un beneficio collaterale e sarebbe che oltre a stare spiaggiati sul divano con i €750 elargiti ci scapperebbe anche una pizza e di conseguenza con l’animo più allegro subito a casa a ” tromba come ricci” risolvendo in tal modo pizza dopo pizza anche il problema del calo di natalità… Questo è, però… fermi tutti!
Se è conclamato l’effetto afrodisiaco del binomio champagne/bollicine e ostriche o crostacei è anche vero che il budget salirebbe.
Ma la pizza, accompagnata da una birra sono fortemente sconsigliate dai dieto-sessuologi perché appesantiscono la digestione come molti altri menù a base di carne fritti o formaggi grassi.
L’alternativa proposta dunque sarebbe ancora più economica di quella suggerita dall’esimio onorevole: Luci soffuse, adagiati sul divano a sbocconcellare tra un bacio e una carezza – Melius est abundare quam deficere, il disoccupato ha tempo) una tavoletta di cioccolato perché il cioccolato è il principe degli afrodisiaci. “Ricco di flavanoli e di sostanze antiossidanti che favoriscono la circolazione sanguigna con conseguente beneficio della tonicità dall’organ(ism)o il cioccolato contiene, inoltre, caffeina, serotonina ed endorfine, che influenzano i nostri neurotrasmettitori agendo come stimolanti e che regalano energia, concentrazione, desiderio sessuale e senso del piacere”.
Dunque una cena frugale e l’indispensabile tavoletta di cioccolata… e se avete qualche perplessità vi offro due suggerimenti niente male!
Unione del Loto
Di effusione in effusione, oramai nudi, è la posizione adatta a chi ama i baci e le carezze. I partner si ritrovano faccia a faccia. L’Unione del loto è la preferita dagli amanti. Lui è seduto sul famoso divano, a letto o per terra con le gambe piegate e le piante dei piedi l’una contro l’altra. La compagna siede sopra di lui con le cosce che stringono la sua vita.
La vite intrecciata
Una posizione laterale – forse abbandonando il divano per un letto può comodo – che permette alcune alternative: i partner sono vis-à-vis (ecco un valido motico per evitare cibi pesanti o saporiti) petto contro petto, con le gambe intrecciate. L’uomo piega le gambe ad angolo retto e la donna tiene una gamba distesa tra queste e l’altra piegata attorno alla sua vita. I due corpi sono intrecciati come i tralci della vite, dando un’impressione di intimità e di fusione. (sembra complicata ma..a me non dispiace!)…
“Si può dire che non ci sia nessun individuo sano che non aggiunga al normale scopo sessuale qualche elemento che si possa chiamare perverso; e la universalità di questo fatto basta per sé sola a farci comprendere quanto sia inappropriato l’uso della parola perversione come termine riprovativo.” (Sigmund Freud)
Tuona fortissimo, il meteo racconta di ‘ondate di gelo’ e allora come non mai
Nella primavera di sedici secoli fa, ad Alessandria d’Egitto, una donna accusata di eresia, poiché si dedicò alla relazione tra filosofia e scienza e per prima intuì che i pianeti compiono un’ellissi intorno al sole, fu assassinata. Fu aggredita per strada, spogliata nuda, trascinata nella chiesa «che prendeva il nome dal cesare imperatore», il Cesareo, torturata brutalmente prima di essere finita.
“Se mi faccio comprare, non sono più libera, e non potrò più studiare: è così che funziona una mente libera” (Ipazia, 370 d.C. Alessandria d’Egitto, figlia di Teone di Alessandria in Ipazia Vita e sogni di una scienziata del IV secolo)
Ipazia fu matematica, astronoma, sapiente filosofa, influente politica, sfrontata e carismatica maestra di pensiero e di comportamento tanto da accecare d’invidia il vescovo Cirillo, che ne decretò la morte che invece di cancellare Ipazia dalla Storia la fece rivivere in eterno nella fantasia di poeti e scrittori di tutti i tempi. Fu, giustamente molto celebrata e idealizzata, a volte in modo mistificatorio aggiungendo o togliendo qualche tassella. Della sua vita si è detto di tutto, soprattutto della sua barbara morte: aggredita, denudata, dilaniata, il suo corpo fu smembrato e bruciato sul rogo. Fautori furono i paraboloni, fanatici esponenti di quella che da poco era diventata la religione di stato nell’impero romano-bizantino: il cristianesimo giust’appunto nel marzo del 415 dc!
Ipazia è stata una figura di donna ( e non è stata certo l’unica né – purtroppo – lo sarà) che sin dall’antichità non ha smesso di far parlare di sé e di proiettare la luce del suo martirio sulle battaglie ideologiche, religiose e letterarie arrivate all’oggi,
8 marzo 2018
giorno nel quale mi fa piacere regalare a tutte e tutti voi questo libro della storica e filologa Silvia Ronchey
Si tratta di un libro importante ed interessante soprattutto perché le notizie dirette sulla vita di Ipazia sono alquanto scarse: le due principali fonti antiche sono la Storia Ecclesiastica di Socrate Scolastico e gli scritti di Damascio, filosofo neoplatonico vissuto un secolo più tardi. Inoltre scritti di Ipazia sono andati perduti o incorporati in pubblicazioni di altri autori.
E poiché a ‘noi donne’ non si può dire di no, vi segnalo anche un bel film del 2009 di un regista con i fiocchi Alejandro Amenàbar ( Vanilla sky, Il mare dentro, The Others ed altri) : Agora interpretato dalla bellissima e brava Rachel Weisz, negli ultimi mesi molto attiva nel movimento hollywoodiano #metoo, nelle vesti di Ipazia. L’uscita del film in Italia fu ritardata di circa un anno perché ‘pare’ vi fossero delle resistenze da parte del Vaticano: infatti nonostante fosse stato riconosciuto il mandante della morte di Ipazia, Cirillo prese il potere su Alessandria ed in seguito, molto dopo in effetti, fu nominato santo e dottore della Chiesa e in particolare ‘dottore dell’incarnazione’ il 28 luglio 1882.
8 marzo 2018
A Roma è una bella giornata di sole ed io mi ricordo bambina con i fiori messi nei capelli e mia mamma e le altre donne per un giorno, almeno per un giorno, in corteo ballare spensieratetete.
Teniamoci strettestretteanzistrettissime
(ci può essere allegria nella consapevolezza del male e nella condivisione del dolore)