La tenerezza di un uomo gentile

Come briciole di Pollicino

Il 26 aprile del 2012 scrivevo questo post che riporto, tagliato:

“Per un caro amico che se ne và alla chetichella.  (…..) Trasferirmi da Monte Mario a Monte Sacro fu per me un trauma.

(….)E proprio accanto al portone c’era il Sor Renato con la sua officina per motocicli, impagabile negli anni.

(…..)Noi prendemmo possesso della casa a febbraio e il 31 dicembre dello stesso anno suo figlio sedicenne, Davide, tornando a casa fu investito dall’ autobus e morì  sul colpo.  Questo fatto tragico fece da collante.

(…..)  Morì mia mamma e non so come, erano i giorni di Pasqua)  gli raccontai che lei, pur non credente,  la domenica delle Palme dava a noi figli un rametto di ulivo benedetto che io custodivo di anno in anno nel portafoglio. L’anno seguente, e da allora ogni lunedì dopo la domenica delle Palme, io trovavo sul parabrezza del motorino o della macchina un rametto di ulivo.  In silenzio ci abbracciavamo  mentre lui grande e grosso si schermiva,  entrambi presi dall’  emozione .

Anche quest’anno ho avuto il mio rametto d’ulivo ma me lo ha dato in mano burberamente perché non era riuscito a trovare la mia macchina. 

Il lunedì  successivo la serranda è restata chiusa.
Oggi ci sono stati i funerali e la chiesa traboccava di corone di fiori e di persone.

(…..) Non è necessario essere  grandi  uomini (o donne),  per essere amati e ricordati è sufficiente lasciare come Pollicino tante bricioline che portano al cuore di chi resta.”

cuorebouquet

E’ QUASI PASSATO UN ANNO DA QUANDO il  Sor Renato ci ha lasciato, eppure, ieri, domenica delle Palme, io ho trovato sul parabrezza della mia auto il ramoscello di ulivo. E’ vero che il sor Renato veniva un po’ additato come il gazzettino della nostra via ma qualcuno deve essere stato il destinatario di questa mia confidenza e quel qualcuno con il suo gesto ha voluto ricordare un uomo gentile compiendo  un innegabile gesto di te-ne-rez-za nei miei confronti

Forse ci farebbe  bene, almeno ogni tanto,  ricrederci  su  tanti scorati giudizi sul nostro  ‘prossimo’ , tanto sfocato quanto  lontano dal nostro vissuto quotidiano.

Piove a Roma, a tutto si può pensare fuorchè ad una sorridente primavera .  Per Pasqua si prevede pioggia ma io che come mia madre,  a detta dei fratelli sto diventando la ‘pappolosa’ di casa, bene,  vi lascio un abbraccio e ci si ritrova tra qualche giorno, più agguerriti che mai.

Senza perdere la tenerezza (e la speranza)

Qualche settimana fa, si è prestato a un bagno di folla per nulla intimorito, anzi divertito, è salito e sceso dalla jeep più volte per salutare completamente a suo agio.
In modo colloquiale, senza pomposità, si è accomiatato  augurando a tutti una buona domenica e un buon pranzo.
Ha fatto un primo riferimento al sentimento della ‘tenerezza’, che non dobbiamo temere, come soltanto un altro suo conterraneo fece: ‘Bisogna saper essere duri senza perdere la tenerezza’.
Oggi, rivolto ai giovani li ha esortati: ‘Non fatevi rubare la speranza’.
Insomma due uomini argentini che strade diverse hanno portato ad essere rivoluzionari entrambi.
L’uno è morto e sarà difficile cancellarlo perchè dalla storia è passato direttamente alla leggenda. L’altro, vivo e vitalissimo, è approdato a Città del Vaticano: ha scelto il nome di Francesco ed è il nuovo Papa di Santa Romana Madre Chiesa.

‘Non fatevi rubare la speranza’ esorta Francesco,  mentre Che Guevara ci ricorda di tenere duro senza disperdere la tenerezza, linfa vitale di una comunità solidale.

Tenerezza  e speranza ❤️

mes-amours

Il lato positivo

Due vite sballate : ‘storie interrotte’ come molte che ci sfiorano e di cui spesso ignoriamo tutto. Il regista David Russell ci racconta un frammento della vita di Pat, un trentenne, interpretato da un disarmante quanto bello (ho detto proprio bello!) Bradkey Cooper, che quando sorprende la moglie nella doccia con un altro uomo lo picchia brutalmente e (lui) finisce in ospedale psichiatrico dove gli riscontrano un disturbo bipolare. Una breve terapia e viene rimandato a casa ma in affido ai genitori.

Parallelamente scorre la vita sbandata di Tiffany, segnata dalla morte prematura del marito, che esorcizza in raptus di ninfomania fino a quando il suo comportamento non cozzerà violentemente con il giudizio perbenista della gente e perderà il posto di lavoro.  Ma nella piccola cittadina di questa America di provincia suburbana Pat e Tiffany sono destinati ad incontrarsi. Pat con la fissazione di riunirsi alla sua giovane e bella moglie di cui è innamoratissimo e dalla quale, per ingiunzione del tribunale, deve stare alla larga. Lo spunto sarà l’efferta da parte di di Tiffany di fare da tramite e consegnare una lettera d’amore a patto che lui diventi suo partner in una competizione di danza alla quale vuole ma non può partecipare in quanto ‘scoppiata’..
’Il lato postivo’ è una commedia sentimentale, una moderna favola romantica, in perfetto equilibrio tra  momenti comici e  drammatici, dialoghi incalzanti, intelligenti spesso  surreali; il ritratto graffiante e nello stesso tempo benevolo, che mette a nudo le molte problematiche affrontate , o aggirate, con ingenua leggerezza e fatalismo da famiglie disastrate che si barcamenano,  in un contesto temporale difficile da identificare. C’è un America statica, arretrata culturalmente, post Vietnam, che per fortuna comincia a riscattarsi attraverso molti film recenti.
Pat pur di mettersi in contatto con la moglie, accetta di allenarsi per la gara di danza e rientrare almeno nei finalisti.. Tiffany libera dall’ossessione sessuale, ormai innamorata di Pat, e Pat nella speranza che il suo gesto ‘straordinario’ riconquisti la moglie fedifraga, si esibiscono interpretando la musica in modo trascinante  e  anticonformista spiazzando la giuria, lottando entrambi per un sogno diverso.

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Bel film, da vedere, con un Robert De Niro magnificamente in forma nella parte del padre di Pat,  allibratore e scommettitore sempre sull’orlo di perdere tutto, fan accanito della squadra dei Philadelphia Eagles alle cui vittorie partecipa con rituali scaramantici uno più spassoso dell’altro. Ottimo il corollario di attori egregi e, last but not least, Jennifer Lawrence, Tiffany, premiata con l’Oscar (meritatissimo) per la migliore attrice.

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Vi voglio bene e vi risparmio il finale ma, ma vi assicuro che anche i più smaliziati tra voi usciranno dalla sala con uno stato d’animo piacevole e positivo.  Ecco,  ‘il lato positivo’ è lasciarsi prendere  ogni tanto  dalle emozioni più semplici, non   vergognarsi delle nostre seppur nascoste debolezze sentimentali e che …lacrimuccia sia!
Buona visione a tutti e buon fine settimana.

anticipando la primavera

“…Questa sarebbe una similitudine per te, Martino? “La parola è d’argento e il silenzio è d’oro?”

Sempre ci ammonisci:

“La donna taccia all’interno della comunità!”

Il nostro silenzio sarebbe dunque d’oro.

Per lo più io mi trascino dietro il mio silenzio come una grossa pepita d’oro e cerco di convertirlo nella moneta spicciola del fare quotidiano.

Tu dici che lo spirito dev’essere nutrito ogni giorno con la lettura e la preghiera,  da che esso dimentica sempre tutto da capo. E come per il nutrimento materiale, uno si nutre ed espelle, qualcosa lo usa e il resto si trasforma in grasso.

La parola da sola è troppo poco e l’azione da sola è troppo poco, perciò l’uomo e la donna vivono insieme, per completarsi a vicenda. E se la mattina io non tirassi le tende e non dicessi:

“Martino si fa primavera!”

tu non te ne accorgeresti neppure.

Ma mi stai a sentire, Martino?  Che Iddio benedica il tuo sonno.”

“Se tu avessi parlato Desdemona- Discorsi immaginari di donne arrabbiate” di Christine Bruckner

felicità vs sogni

Forse è difficile filosofeggiare di ‘felicità’ , anche troppo facile metterne un po’ qui e levarne un po’ là per trovarne un’alchimia possibile.

““Non si è mai né così felici né così infelici come si pensa”, François de La Rochefoucauld.

Forse descrivere le mie (in)felicità è più facile ed io, senza troppa retorica, ho un motivo in più per essere o non essere felice: vivere di riflesso le emozioni, i sogni, le aspettative di ‘felicità’ di mio figlio.

“Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo.” Maria Montessori

Forse al di là, e ben oltre,  il significato emotivo che ci rende felici ha ragione la Costituzione americana, quella italiana e Amatya Sen e con loro alt(r)e autorevoli voci,  quando pongono la ‘felicità’ tra gli obiettivi primari di una società lungimirante per sè e per i propri cittadini.

http://www.dazebaonews.it/italia/item/15946-festival-delle-scienze-il-nobel-amartya-sen-parla-di-felicit%C3%A0-e-disuguaglianze “Felicità e diseguaglianze”.

Forse è sbagliato chiamarle  eufemisticamente ristrutturazioni aziendali perchè nella sostanza molte insospettabili società assai floride in Patria e in Italia,  dall’anno scorso hanno cominciato (e continuano) a licenziare, trasferire o nella migliore delle ipotesi ridimensionare verso il basso  i contratti di una buona fetta di lavoratori.

E’ successo a P. l’amico più caro sin dalle elementari di mio figlio.  P. e E.  facendo molto bene i loro conti, con l’aiuto dei genitori (perchè in Italia un bamboccione, choosy o non, da solo non ce la la può fare)  hanno preso una casa nella periferia romana e sono andati a vivere insieme.  Nell’arco di questi ultimi mesi P. è stato messo a metà tempo ( 600 euro mensili) e, è di lunedì,  a  E. è stato comunicata una riduzione all’80% dello stipendio stando  da subito a casa  fino a giugno e “poi si vedrà”.

Mio figlio non è nè bamboccione nè choosy, viviamo insieme  – credetemi – in serena armonia e rispetto.  Dividiamo i compiti e alcune spese vive. Lui non ha una relazione fissa mentre io, diventando una vecchiarella mielosa comincio a desiderare di vederlo ‘sistemato’.

Questo secondo evento che probabilmente porta alla cassaintegrazione di E.  segnando  una  drastica battuta d’arresto nella vita concreta e nei sogni   di due giovani trentacinquenni,  è stato commentato  così da mio figlio:

“Io sono  fortunato,  sono SOLO”. ( infelicità, la mia)

““La felicità è uno strano personaggio: la si riconosce soltanto dalla sua fotografia al negativo”,   Gilbert Keith Chesterton.

spread vs felicità

http://www.who.int/social_determinants/en/

ANNI ORSONO  HO AVUTO L’ONORE –  MA IL RAGIONAMENTO RITORNA ,  SE POSSIBILE,  ANCORA PIU’  CALZANTE  OGGI –  DI LAVORARE ALLA STESURA,   PER LA PARTE ITALIANA,  PER CONTO DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ,  AD UN “RAPPORTO SUI DETERMINANTI SOCIALI ALLA SALUTE”  CIOÈ SULL’ANALISI DELLE  CONCAUSE CHE FISSANO LE ASPETTATIVE DI VITA DI CIASCUN INDIVIDUO A SECONDA DEL LUOGO DI NASCITA,  DEL LAVORO,  E DELLA PARTE DI ‘FELICITÀ’ DI CUI HA POTUTO GODERE  E, COME POTETE IMMAGINARE,  NASCERE IN UN CONTINENTE PIUTTOSTO CHE IN UN ALTRO SPOSTA LE  ASPETTATIVE E  LA QUALITA’ DELLA  VITA DI MOLTI ANNI.

DI QUESTO GRUPPO DI RICERCATORI, SCIENZIATI, FILOSOFI, ECONOMISTI  DI TUTTO IL MONDO , SUDDIVISO PER  AREE GEOGRAFICHE DI APPARTENENZA, FACEVA PARTE ANCHE AMARTYA SEN,  GIÀ PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA.

DA LUI, PER LA PRIMA VOLTA HO SENTITO PARLARE CON GRAVITÀ  SCIENTIFICA DEL

“DIRITTO BIOLOGICO ALLA FELICITÀ”  E DE

“LA FELICITÀ COME VALORE SOCIALE”.

NESSUNO DI QUESTI INSIGNI STUDIOSI, CREDO, POTESSE ESSERE LIQUIDATO CON LO STAMPINO  DI COMUNISTA ;  SEMPLICEMENTE, TUTTI DAL LORO OSSERVATORIO SPECIALIZZATO,   AVEVANO  RADIOGRAFATO UN MONDO CHE SE VUOLE SOPRAVVIVERE NON PUÒ E NON DEVE  PIÙ RISPONDERE SOLTANTO E UNICAMENTE AI MUST DEI MERCATI E ALLO   SPREAD MONITORATO  DELLA FINANZA  MA CHE PER SVILUPPARSI HA BISOGNO DI  INVESTIRE E/ O RIAPPROPRIARSI  DI QUALCOSA CHE NON È MONETIZZABILE :  LA FELICITÀ.

QUEST’ OBIETTIVO  ALT®O  SE ALLONTANATO E DI FATTO NEGATO  SPOSTA  ALL’ INFINITO IL TEMPO DEL RIPOSO, iIL  TEMPO DELLA ‘FESTA’,  IL TEMPO CONDIVISO DEGLI AFFETTI  E   DELLA CURA DI SÉ E DEI PROPRI INTERESSI.  NON SENTIRE FORTE  L’IMPULSO  A COSTRUIRE  LA PROPRIA FELICITA’  LOGORA E AZZERA  OGNI PROGETTUALITA’  E RENDE IL VIVERE SEMPRE PIU’ FATICOSO APPIATTENDO VERSO IL BASSO LE MIGLIORI ASPETTATIVE DI VITA DI TANTA PARTE DELL’UMANITA’.

UN CANE CHE SI MORDE LA CODA CHE NON HA,  MENTRE LA QUALITA’ DELLA VITA OGGI PIU’ DI IERI STA  NELL’ESSERE  (NON NELL’AVERE come sosteneva Eric Fromm).

una donna come tante

Lei è Piccolina, morbidosa nel suo piumino;  non più fanciulla.
Lui è alto, bruno, benfatto, esuberante e giovane.
Non passano inosservati sul lungomare di Fregane quando scendono dalla moto ringhiosa.
Lei si toglie il casco scrollando i capelli.
Lui si passa la mano a pettine tra i ricci appiattiti sulla fronte.
Lei ombrosa con l’espressione corrucciata per il sole tagliente, fuori stagione.
Lui che aggiunge luce alla luce, raggiante come sempre quanto se la ‘tira’ dietro sulla moto e nel viaggio riesce ad accarezzarle la gamba urlando quel “Tutto bene?” che a lei arriva con i vortici dell’aria e le scompigliano i capelli raccolti dietro la nuca.
Lui sorride: “Tutto bene?” quando seduti al tavolino di fronte al mare le prende la mano e se la posa sulla guancia, stringe gli occhi a fessura conscio di avere rubato la marmellata.
Lei aggrotta le sopraciglia appena disegnate perché queste affettuosità tra la gente la straniscono. Prova a ritrarsi immaginando sguardi puntuti aghi di spillo.
Lui che ripete: “Tutto bene?” e l’interrogativo le giunge con un brivido di piacere quando allungandosi oltre il tavolino le posa un piccolo bacio nell’incavo del collo.
“Tutto bene?” mentre lui, grande. la racchiude, sbilanciandola, tra le sue braccia, bozzolo di farfalla il mento sulle ginocchia, sul divano fiorito, intenta a seguire i titoli di coda del dvd di “Blade runner”.
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“Rachel era speciale, non aveva data di termine. Non sapevo quanto saremmo stati insieme..ma chi è che lo sa?”
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Lui la stringe sicuro “Tutto bene, tutto bene mia contorta signora!” e non vi è interrogativo nella sua voce ma una reiterata certezza.
Lei slega le gambe, stende le braccia, la sua dolcezza si scioglie e lo inonda di piccoli, intesi, luminosissimi, baci. E’ ormai sera

“Do androids dream of electric sheeps?”

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cuore di carciofo

Sicuramente leccarsi le dita per non perdere l’ultima traccia di un buon sapore, fare la ‘scarpetta’ romana raccogliendo l’ultima striatura di un sugo saporito,  esprimere grande soddisfazione per la delizia appena finita con un largo sorriso o, addirittura, chiedere i bis, bene sono cose da non fare. No! vanno  contro ogni regola di bon ton.

Eppure, credo, per ognuno di noi che si mette ai fornelli e vuole stupire con qualcosa di diverso gli amici invitati a cena, l’approvazione manifesta è motivo di orgoglio. Lo è per me, comunque.

Le cene importanti sono come il Louvre: guardi la nostra bella Gioconda attraverso mille protezioni ma  resta lontana, irraggiungibile (chi cantava ‘bella impossibile?).

Ero a cena da una cara amica l’altra sera e tutto quello che non si fa, io l’ho fatto e a mia discolpa, poi mi assolverete, ecco la ricetta.

Caponata di carciofi (per 4 persone)

10 carciofi, un cuore di sedano, una cipolla media,  10 olive snocciolate, un cucchiaio di capperi e uno di pinoli e uno di mandorle sgusciate,  pomodori pelati (io uso Valfrutta i ‘cubotti’) 1/5 bicchiere di aceto bianco, mezzo cucchiaio di zucchero, olio qb, sale e pepe.

Pulite i carciofi dalle foglie esterne legnose e scure, tagliateli a spicchi sottili e immergeteli in acqua e limone per qualche minuto. Quindi rosolateli in una padella con 3 cucchiai di olio, bagnateli con mezzo bicchiere di acqua a fateli cuocere per una decina di minuti.

In una seconda padella fate rosolare in 3 cucchiai di olio  il sedano tagliato a dadini,  con la cipolla tagliata a listelle sottili fate dorare e unite – poi – il pomodoro, i capperi, le olive e i pinoli. Lasciate cuocere a fuoco medio per 10 minuti quindi aggiungete il mezzo bicchiere di aceto e lo zucchero, lasciate sfumare qualche momento e aggiungete i carciofi facendo cuocere, coperto, per non  meno di dieci minuti quel tanto che basta perché il sugo si rapprenda. Per finire, aggiungete le mandorle intere o tagliate a pezzetti.

Lasciate riposare questa bontà per un paio d’ore e…

Sappiatemi dire.