Resta qui con me

Sono stata incollata alla televisione ininterrottamente:pausa pubblicitaria  veloce:  pipì con  scotex  alla starway to heaven, Averna “il gusto vero della vita” in frigo già pronto ad arrivare dal cielo senza il veterinario del pronto intervento (è talmente bello e ‘maschio’ che vorrei essere io quella mucca), due gocce di profumo dietro le orecchie e magari il filino di perle della mamma al collo perché, come diceva la mia nonna-bis,  i ‘signori’ della televisione sono ‘ospiti’… il suv BMW no, quella  no,  perché in cucina ci arrivo a piedi per sgranchirmi), allora pressocchè rapita fino a tarda sera, isolando il sottofondo della pioggia che cade ininterrotta da dieci giorni, ingurgitando senza sapere cosa, zittendo perentoria il bimbo financo quando ha tossito, cuore di mamma non ha battuto ciglio,  il caro(a) amico(a) dell’uomo(donna) sedato(a) da un enorme quantitativo dei suoi bisquits,… tutto perché?
Per una trasmissione, decisamente incalzante, ricca di contenuti scelti con cura e di ‘belle’ persone impastate di sentimenti alt(r)i.
Lo spauracchio dello share  abbattuto  sopra ogni misura, superando anche la chermesse national popolarea canora di Sanremo il che forse sta a significare che il popolo non è così becero da non apprezzare anche i (per la verità a volte un po’ troppo lunghi) monologhi di Roberto Saviano.
Passi un piccolo inchino al potere con lo pseudo diritto di replica ad un ministro che dovrebbe combattere stenuamente le mafie ed invece si era risentito all’esposizione di Saviano di  dati certi e accolti come fossero ingiurie. Ma non ha fatto una gran bella figura in una replica che sapevo di spot governativo.
Una serata all’insegna di un rispettoso silenzio e di un silenzioso ragionare.
Chiedo scusa e  ringrazio la televisione pubblica che propinando scemate su scemate mi permette di non seguirla, di essere una persona sociale e socievole,  interessata  a mio figlio, alla cena, alla Sally-ina, non in competizione con gli spazi pubblicitari, sempre pronta ad una conversazione telefonica,  ad un’uscita serale.
Grazie, grazie ancora,  cara Televisione di Status quo,  perché in virtù di tanti tuoi bei programmi uno peggiore dell’altro (salvo rare eccezioni, sempre quelle),  ho evitato di cadere nella droga delle droghe, quella che ci propina un’Italietta, Paese dei campanelli che condiziona  ed assuefà le menti e nello stesso tempo ogni tanto rilascia una boccata di ossigeno puro quel tanto che basta per scegliere di restare ma nello stesso tempo a non lasciarti andare all’eccessivo compiacimento.
Grazie cattiva Televisione perché le cose belle non basta accomodarsi e vederle  ma vanno assaporate mettendole in discussione, inseguendole: appropriarsene  e farne il proprio bagaglio culturale.
Si potrà dire CULturale o è diventata una brutta parola? Forse sarebbe meglio usare il più distinto termine ‘sedere’ ? 

Ma  CULTURA, tutto maiuscolo è meglio, è  lei che ci rende bambini estasiati davanti al miracolo di una formichina piccola e sola che non soffre di vertigini e che cammina veloce senza galoches sul davanzale di cemento mentre fuori continua a piovere.

"Io resto qui perchè qui riposa mia Mamma, qui sopravvive la mia identità.

……………………e voi? voi perchè restate?


"Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti."

 

Who is Who in Italy

Oggi, in macchina, ascoltavo alla radio una dotta scrittrice disquisire con voce ben impostata (andranno tutti a scuola di dizione questi nostri scrittori anche un po’ privi di ironia?) della bellezza del giocare con le parole e naturalmente faceva riferimento a Gianni Rodari che in questo fù delicato  maestro mai in cattedra.
Chiudendo la trasmissione il  conduttore le chiede: “Ha letto qualcosa di Federcio Moccia?”
Risposta :”No e giammai lo farò”.
  

Dissento fortemente (quando mai?).

 Una persona che fà della scrittura il tramite per comunicare con gli altri come può non conoscere Moccia e tutto quello che si muove nell’ambito giovanile intorno al ‘fenomeno’ Moccia?
Se una colonna di Ponte Milvio, a Roma, è stata ricoperta di lucchetti avrà ben un (non)senso che vale la pena di indagare? Se ha venduto tante mila copia chi le avrà comprate?

 
Mi viene in mente un dibattito televisivo incentrato sulla (losca) figura di Fabrizio Corona il quale rivolto alla mia amica e compagna Livia Turco provocatoriamente le chiese “Ma come lei non mi conosce?” e lei sprovveduta:  “No! Non la conosco  non so e non voglio sapere niente di lei”.
“Scusi ma lei non legge i giornali?”
(ovviamente erano i giorni in cui Corona era su tutti i quotidiani in prima pagina per  le sue foto con ricatto a varie personalità) “No – ribatte la Turco indignata – io dei giornali leggo solo le pagine politiche.”

Livia. Livia! Che autogol! Ti sei data la zappa sul piede perché intorno alla figura (figuro) di  Fabrizio Corona (e Lele Mora, in tandem)  ruota tutto un sottobosco di fanciulline in fiore date in pasto ai maschi (di potere), girano lenoni ed escort, droga e festini, seggi parlamentari,girano cifre che raramente noi vediamo in tutto un mese, che dico un mese? un anno, di lavoro.
Dire di non conoscere Fabrizio Corona, per chiunque sia in politica, soprattutto se onestamente, è una forma di stupido snobbismo che non porta a conoscere e combattere atteggiamenti malsani, stili di vita indecorosi e indecenti che ci si ritorcono contro e che il berlusconismo ha premiato e premia con il placet del …premier.


 

nota: "Who is Who" è un annuario dove sono inserite le personalità più in vista,insigni, del mondo. 

Chi vorreste inserire, voi, nel bene o nel male?

 

Il corpo di donna..

Giornata internazionale per
eliminare la violenza contro le donne

 
Nell’ultimo anno dello scorso millennio, il 1999, l’Assemblea Nazionale delle Nazioni Unite ha designato il 25 Novembre come Giornata Int.le per l’eliminazione della violenza contro le donne.
L’ONU ufficializzò tale data su segnalazione di un gruppo di donne attiviste Latinoamericane e dei Carabi in ricordo del brutale assassinio, avvenuto nel 1960,  a opera del dittatore latino-americano Rafael trujillo, delle tre sorelle Mirabal mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione. Esse furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio Militare di Intelligenza, furono torturate, massacrate a colpi di manganelli e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente
 
In Italia la prima volta che venne ricordata la data del 25 novembre fù nel 2005 per iniziativa di vari centri anti-violenza e Amnesty Internazional.

 
Non mi pare che nei giorni passati si sia dato risalto o – peggio – che sia stato organizzata una manifestazione nazionale per ricordare questo silenzioso dramma quotidiano che mai come oggi fa tanta ‘audience’ (mi riferisco , ultimo in ordine di tempo e clamore, alla giovane Sarah che ha pagato con la morte non si sa ancora bene ad opera di chi, ma pur sempre in famiglia) e dove il 90% delle operazioni pubblicitarie si fa sul corpo delle donne. Ma questo è un altro discorso.
 
 

 

 
In Italia donna su 3
tra i 16 e i 70 anni,  e dunque in un arco di  vita che copre dalla giovinezza alla maturità avanzata,  è stata vittima della violenza di un uomo.
Secondo i dati dell'Istat  2008,  ricavati unicamente dalle donne che sono ‘uscite allo scoperto’, sono
6,743 milioni le donne che hanno subito nel corso della propria vita violenza fisica e sessuale,
milioni quelle che hanno subito aggressioni durante una relazione o dopo averla troncata.
Si tratta di violenze domestiche soprattutto a danno di mogli e fidanzate:

8 donne su 10 malmenate, ustionate o minacciate con armi hanno subito le aggressioni in casa.
milione di donne hanno subito u no stupro o un tentato stupro. A ottenere con la forza rapporti sessuali è il partner.
 

Il 70% delle volte e in questo caso lo stupro è reiterato.
Il 6,6% delle donne ha subito una violenza sessuale prima dei 16 anni, e più della metà di loro (il 53%) non lo ha mai confidato a nessuno.
Gli autori sono degli sconosciuti 1 volta su 4, nello stesso numero di casi, sono parenti (soprattutto zii e padri) e conoscenti. 

 
 
dati scorporati da Il Sole 24ore, giugno 2009.

Corpo di donna…

Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono.
Il mio corpo di rude contadino ti scava
e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.

Fui solo come un tunnel. Da me fuggivano gli uccelli
e in me irrompeva la notte con la sua potente invasione.
Per sopravvivere a me stesso ti forgiai come un'arma,
come freccia al mio arco, come pietra per la mia fionda.

Ma viene l'ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del seno! Ah gli occhi d'assenza!
Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste!

Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia.
Mia sete, mia ansia senza limite, mio cammino incerto!
Rivoli oscuri dove la sete eterna rimane,
e la fatica rimane, e il dolore infinito.
Pablo Neruda

Adriana Zarri un'anima lieve

 
La notte del 20 novembre,  a 91 anni,  è morta Adriana Zarri
 
“E' stata la prima donna laica ad essere ammessa nel direttivo dell'Associazione teologica italiana e ha fatto discutere per aver infranto il monopolio del pensiero teologico in modo rigoroso ed aver criticato le gerarchie ecclesiali. "Fu lei – scrive Repubblica – a rompere il ghiaccio maschilista rivendicando il carisma femminile del discorso di Dio e difese la legge sull'aborto". 
 
“Cantava i suoi salmi all’alba con gli uccelli, i gatti e le ortensie, il suo tempio era il creato…”

 
Questa immagine ha fatto scattare in me un lontanissimo ricordo, emozionante ancora oggi tanto da volerlo condividere con voi. Farvi dono di qualcosa di lei che esce dalla sua biografia 'ufficiale' perchè
Lei, come molte altre belle persone, lei fà parte dell’ inestimabile bagaglio culturale del mio lavoro.
Scrittrice, uscirà ormai postumo a febbraio il suo ultimo libro "Un eremo non è un guscio di lumaca". Collaborò con riviste come  Micromega, e La rocca, quotidiani tra cui il Manifesto, da lassù nel suo casolare mai isolata dal mondo che accoglieva indistintamente tutti.

Viveva ad Albiano un piccolo paese delle Langhe ed è lì che andammo ad incontrarla, una donnina piccola e dolce che somigliava molto alla mia nonna piemontese nell’apparenza severa,  ed in seguito si stabilì tra lei e il nostro Centro studi (perdonatemi la vaghezza dei dettagli) un profondo legame di pensiero.
Erano i tempi del ‘vecchio’ Pci, così avanti e lungimirante in alcune sue componenti, in una sua cultura di aperture concrete di dialogo che nulla avevano a che vedere con le strategie di Palazzo di D’Alema, l’esterofilia veltroniana allora segretario abbastanza trasparente della Fgci. Bersani non si era ancora trasferito a Roma ed era, credo, segretario di federazione in Emilia.  Insomma, un’altra Storia.
 
Di Adriana Zarri ho un preziosissimo ricordo, dicevo,  che risale a  quegli anni.
Arrivò il Natale ed in ufficio mi fù recapitato un piccolo pacco postale: proprio a me da lei.
Ricordo la sorpresa, l’ho scartato e dentro vi era una scatola quadrata con disegno scozzese rosso e blu che racchiudeva un nido vero che ancora profumava di bosco e muschio, testimonianza del suo immenso amore per la natura,  e al centro un uccellino in legno.
Il biglietto di auguri purtroppo si è perso nei miei traslochi ma ne ricordo il senso: ‘il nido l’ho raccolto a terra, diversamente non l’avrei toccato, e te ne faccio dono…’
La scatoletta scozzese è ancora lì,  sulla mia libreria,  chissà cosa penserebbe Adriana sapendo che dentro, da anni,  ci tengo tanti bottoni scompagnati, colorate anime solitaria.

E' morta Adriana Zarri, ho detto a mio figlio e lui mi ha risposto:
"Chi era?"
Ed io gli ho ricordato una storia lontana, un piccolo luminoso passaggio della mia vita.

 

Non mi vestite di nero:
è triste e funebre.
Non mi vestite di bianco:
è superbo e retorico.
Vestitemi
a fiori gialli e rossi
e con ali di uccelli.
E tu, Signore, guarda le mie mani.
Forse c’è una corona.
Forse
ci hanno messo una croce.
Hanno sbagliato.
In mano ho foglie verdi
e sulla croce,
la tua resurrezione.

E, sulla tomba,
non mi mettete marmo freddo
con sopra le solite bugie
che consolano i vivi.
Lasciate solo la terra
che scriva, a primavera,
un’epigrafe d’erba.
E dirà
che ho vissuto,
che attendo.
E scriverà il mio nome e il tuo,
uniti come due bocche di papaveri.

Adriana Zarri (1919-18/11/2010)
 

Priorità

 
 

“L’accessorio necessario”

 
Così viene presentato da una nota rivista uno dei pezzi cult della prox stagione invernale (ormai iniziata ma io dal parrucchiere l’ho letta in  ritardo, infatti la notizia è del settembre scorso)   la micro tracolla di pelle o alligatore con dettagli dorati di Ralph Lauren disponibile anche nel negozio milanese di via Montenapoleone: 400 (quattrocento) metri quadri appena (anche qui vale il ritardo della rivista)  rinnovati dove, oltre all’abbigliamento  “tra pareti di mogano e intonaci veneziani, gli accessori sono i nuovi protagonisti”  a cifre accessibilissime (si sa Montenapoleone non è viale Jonio,) che si aggirano, restando alla borsettina “accessorio necessario”  intorno ai 17mila dollari, monetina più,  monetina meno.
Non sottovalutiamo che con il cambio in euro noi risparmiamo un tantinin …circa?
Oh! fate voi perché io in matematica sono  sempre stata un po’ somara.
 
Siccome il Santo Natale si avvicina e il Babbo Natale comincia a annotare i suoi impegni,  se qualcuno volesse anticiparsi nel regalarmela, in alligatore, of corse,  credo che dovrei essere chiara fino in fondo e ammettere prosaicamente che al posto della preziosa tracollina, io sto vagheggiando un carrellino per la spesa, piccolo e pieghevole,  che ho visto nel nuovo negozio di cinesi, giusto dietro casa mia,  il costo ammonta  già direttamente in euro a 18, ovviamente se volete risparmiare un poco forse la si potrebbe acquistare via internet in dollari a circa…mmm …sempre somara in matematica  resto.
 

 
 

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se "Dio è una donna"

 
La cantante Gianna Nannini,  54 anni, scrive una lettera alla figlia che nascerà tra qualche mese,  e la pubblica su  un settimanale che in copertina la ritrae, il pancione in bella mostra,   con una t-shirt dal messaggio deciso: “God is a womanovvero  “Dio è una donna”.
 Per quanto io possa essere molto spesso tacciata da femminista sinceramente trovo lei e questa affermazione stupida e fuori luogo vuoi perché non è certo merito nostro ma della natura se siamo noi donne a partorire (certo con tutto l’arricchimento personale che questo – poi  – significa in  rapporto al e  con il ‘maschio’) e soprattutto, per quel che mi riguarda,  sono agnostica e vale il discorso del perché sia inutile bestemmiare o fare riferimenti inesistenti per noi e offensivi per taluni.
  
Last but not least per darmi la zappa sui piedi aggiungo che a 54 anni  una madre  in vitro non dovrebbe diventare madre perché un figlio nei suoi primi anni di vita richiede una energia inesauribile e una salute di ferro  che sono prerogative di  una ‘giovane’ donna e l’andare avanti con gli anni, nella prima giovinezza del figlio/a  come si destreggerà una madre già entrata nell’età anziana per quanto evoluta e in buona salute possa essere?
Sarà, inevitabilmente,  il pargolo a preoccuparsi di non lasciare la mamma sola a casa  quando scoprirà,  per logico percorso di giovinezza,  le ore piccole della notte?
 
Poi ci sono i casi estremi, quelli in cui per essere madri si ingaggia una  guerra ancora più feroce  contro sé stesse,  contro il tempo che passa, sfidando interventi invasivi e ogni pregiudizio. Chapeau ma non capisco.
 
Molto pragmaticamente mi chiedo se non ci sia una ragione per la quale la donna in quanto femmina concluda il suo ciclo di fertilità con la menopausa mediamente verso i 45 anni (con eventuali fortunose gravidanze definite dagli stessi medicia rischio) mentre l’uomo, il maschio, al contrario  sia in grado di generare ab libitum.

 
Allora se “Dio è donna’ (a scadenza naturale) l’uomo come lo definiremmo?
 

L’altra sera  mi è capitato di vedere in una trasmissione che patrocinava, giustamente,  la fecondazione assistita,  proprio mentre un’anziana  signora che portava discretamente  male i suoi dichiarati 82 anni,  inneggiava alla gioia di essere diventata madre a 63 anni.
Oggi  che suo figlio ha 18 anni, diceva, è la sua vita e la sua gioia anche perché quando prese la decisione di generarlo (ovulo da donatrice e sperma del marito) andava a sostituire  – parole sue! –  in tutto e per tutto la dolorosa morte del precedente figlio unico deceduto in un incidente.
Dunque il figlio come cura alla depressione, surrogato di un altro figlio.

 

Sospendo ogni giudizio e vi chiedo due cose.

 
Si è resa conto, la suddetta anziana signora che questo  figlio, con tutta la sua buona volontà ma con tutti i limiti fisici,  non avrà mai avuto una giovinezza spensierata sempre teso ai bisogni di una madre (e padre, ovvio) di cui in brevissimo tempo non potrà che essere il badante?

 
Si ha il diritto di dare la vita per solitudine, per egoismo, per delirio di onnipotenza, forzandone il  corso naturale, e porla a guardiana della propria morte?
 
Se “Dio è una donna” solo attraverso l’esaltazione del potere di generare a dispetto del buon senso e della natura, io credo che non lo sia affatto perché una madre prima di tutto e tutti antepone il bene dei propri figli e spera di ‘chiudere gli occhi’ quando i propri figli, adulti, saranno in grado di camminare da soli.

 

Nonostante tutto il tempo,  nessun figlio per adulto che sia potrà mai cancellare il dolore dell’assenza.

 

Una domenica diversa dalle altre

 

In questo ultimo mese, a tutto vi è un  limite,  non resistendo più al dolore delle mille spade conficcate nella schiena, dovendo ammettere che un’alta soglia del dolore aveva un limite,che l’estate e il sole non avevano portato giovamento, ho detto ‘basta!’ sono andata dalla mia dottoressa che subito mi ha richiesto una radiografia di accertamento.
Primo referto : “ Rotoscogliosi destro-convessa del rachide in esame. Antero-listesi di L4 su L5 con scivolamento anteriore del corpo di L4 di 13,2mm. Schisi di S1”
 
Altolà, brutta situazione e dunque buona-buona mi apprestavo ai vari iter pronta a destreggiarmi nel mondo concreto della Sanità.  Malauguratamente, lo dico scherzosamente perché avere un parente medico (e uno avvocato) è certo una agevolazione,  una comune amica ha parlato con mio fratello, lui a sua moglie, medico anestesista e decisionista, la quale mi ha preso in consegna e la normale routine è diventata una sorta di girandola. Radiografie sotto sforzo, risonanza magnetica e una dolorosissima elettromiografia.
“Operare, operare” questo brutto ritornello cominciava a farsi vieppiù intenso: carta cantant.
 
Tutti i referti in regola, li lascio in ospedale  dal neuro chirurgo ‘luminare’, di lei mia cognata collega,  che mi fissa una visita per domenica visto che lui sarebbe stato di guardia.
Siamo lì, il mio bimbo ed io più bimba di lui, tremolante,  e  dopo una lunga attesa, il cuore e i pensieri  tumultuosi, eccoci  al dunque.
 
Ora a farla breve, la situazione della colonna (la mia) è abbastanza preoccupante ma non essendo coinvolte le terminazioni nervose ma soprattutto appurato nuovamente il mio ‘fisico bestiale’  lui non se la sente di  dirmi di  operare subito perché non esiste persona nelle mia condizioni che possa, per esempio,  chinarsi e toccare con tutto il palmo delle mani il pavimento! O stare più semplicemente seduta senza dolore per parecchie ore, come in ufficio o svolgere normali attività quotidiane. Di Kamasutra non si è parlato.
Pero’ – per scrupolo – ci ha anche tenuto a farmi compilare un modulo pieno di domante che io ho etichettato di una grande imbecillità.
E in effetti, mi ha risposto, lo sono ma a noi servono per valutare il reale stato della qualità della vita del paziente. E perdurando il mio scetticismo abbiamo cominciato a farlo insieme questo test.
Lei è felice?”  (mettere la crocetta su): molto – abbastanza – poco –  niente.
Non so voi ma io ho cominciato la mia solita solfa filosofica dicendo che la felicità è uno stato momentaneo di grazia, che bisogna viaggiare, oggi, col paraocchi per essere incondizionatamente felici e che per concludere guardandomi intorno dovevo considerarmi felice e…
Ci siamo accordati sull’
abbastanza”.
Ancora:
“Pensa che la sua salute peggiorerà?”: molto – abbastanza – poco – niente.
Cervello di nuovo a mille in sintonia con la lingua, certo che si,  è ovvio che non avendo più vent’anni, come un qualsiasi organismo certo la mia salute non  può che peggiorare.
“Signora! Dunque?”
“mmm…poco?”
E poi una ‘chicca’:
“Pensa che le sue attuali condizioni le impedirebbero di esercitare sport estremi quali deltaplano, skateboard, pugilistica…?” : molto –abbastanza- poco – niente.
Capito? Ma se con quella documentazione lì io volessi (e non voglio) sarei una pazza o sbaglio? E poi quanti praticano sport estremi?

"Va bene..vada per niente".
 

Ci siamo lasciati sine die con il permesso di continuare ad andare in palestra evitare step e striding  ma continuare magari con esercizi più mirati perché l’esercizio fisico praticato con continuità negli anni mi ha costruito una struttura muscolare di tutto rispetto  che  impedisce alla mia colonna di dovere, per ora (certo non per sempre), essere operata inserendo un perno tra le famigerate L4 e L5 puntellandole anche  lateralmente

Per fortuna domani è lunedì.

L'appetito vien guardando

 


 

Dopo l’ultimo scroscio di pioggia e una folata di vento freddo che ha rischiarato il cielo,  cosa c'è di meglio dell’ uscire di corsa prima che il sole pallido cambi idea?   Addentrarsi nel mercato di Val Melania,  traccheggiare, riempirsi gli occhi di colori dal giallo ocra della zucca, al candore dei finocchi, al verde cupo degli spinaci? Pensare a come ‘organizzarsi’  per una consolante e morbida zuppa per la cena.

Ma è anche venerdì ed arrivano i richiami dai banchi del pesce…

Opto dunque per una :

Zuppa di fagioli e cozze.

La rendo più accessibile alla mia poca destrezza e semplificando in difetto gli ingredienti inizio.

Dosi per 4 persone.

°  300 grammi di fagioli (io uso quelli surgelati che non si devono mettere a bagno x ore)

°  Una carota, una cipolla, una grossa patata, un gambo di sedano,  aglio,  un barattolo      di passata di pomodoro, olio qb

°  4 fette di pane casereccio

°  1 kg di cozze

Per il brodo soffriggere le verdure tritate finemente
Aggiungere circa 1 l e 1/5 di acqua con la passata di pomodoro e la patata. Portate ad ebollizione
Versate i fagioli e fate cuore circa mezz’ora a fuoco basso mantenendo il bollore.
Tirate fuori la patata, schiacciatela e rimettetela nel brodo in modo che gli dia consistenza.

Nel frattempo in una padella con poco olio uno spicchio di aglio (dopo averle ben lavate) mettete le cozze. Fatele aprire,  levate ad ognuna il mollusco lasciando però integre (3×4) 12.

Spegnete il brodo, versatevi le cozze sgusciate, lasciate riposare per qualche minuto.

Nei piatti fondi mettere la fetta di pane abbrustolita (forno o tostapane) versate la minestra, guarnite ogni porzione con le 3 cozze intere, un ciuffetto di prezzemolo e un filo di olio,

Credetemi è da leccarsi i baffi.

Buona cena, e un brindisi con un buon rosso che non è vero si sposi male con il pesce (mi son sposata assai peggio io nonostante le più rosee preVISIONI.

Panta rei.

Pioggia come grosse lacrime

Un tuono.

Automaticamente ho alzato gli occhi al cielo parecchio indispettita per il repentino oclissarsi del giorno, a mezzogiorno, rabbuiato dalla pioggia che scende a scrosci fitta e rumorosa, eppure mi ha colpito quella piccola virgola evanescente che si staglia nel cielo sgranato dalle luci riflesse nelle pozzanghere dell’asfalto.

 Contemporaneamente mi ha telefonato da Palermo una cara amica (una compagna) per chiedermi se avevo ricevuto il suo ultimo libro e per darmi una notizia triste: ‘E morto all’alba Aldo Natoli.’

Aveva 98 anni e forse, anche senza forse, era il suo tempo. Ma il vuoto che lascia è ancora più grande perchè pensando a chi avrebbe potuto farne per il giornale un ricordo mi sono resa conto che di quei comunisti che, oggettivamente, hano fatto la storia del nostro Paese ne rimangono soltanto un pugno, tutti suoi coetanei e non troppo in forze. Mi riferisco a Pietro Ingrao, Giovanni Berlinguer, Aldo Tortorella, Rossana Rossanda (lei no, è assai più ‘arzilla’), e…gli altri sono andati lasciandoci in eredità i loro bistrattati ideali, oggi calpestati e sviliti accostati alle beceraggini di questa Seconda Repubblica.

Ora io non so dire, forse voi più di me, perché quella piccola, luminosa falce nel cielo mi abbia riportato indietro nel tempo ad un punto fermo, a una speranza piena di energia, alla mia incrollabile ‘militanza’, a quella che Pietro Ingrao definì “L’alta febbre del fare” – anche titolo di un suo ‘libretto’ di poesie, perchè lui si è sempre sentito un’anima poetica irretita dalla politica , dedicata ad un partito -al ‘mio’ partito, il Pci, al suo faticoso cammino, ai traguardi conquistati, ai suoi inevitabili cambiamenti e – infine – alla sua totale, inarrestabile, assurda, disgregazione mentre questa notte moriva un uomo giusto; Aldo Natoli.

Senso di smarrimento,

Il 9 ottobre 1967 a La Higuera veniva assassinato Ernesto Che Guevara. 

 Moriva a 39 anni , cinque figli , due mogli , medico allergologo, cronista, guerrigliero, comandante , ex ministro, ma sopratutto rivoluzionario che non si vergognava a coniugare fermezza e tenerezza.

Ernesto Che Guevara, lettera ai figli, aprile 1965

  Cari Hildita, Aleidita, Camilo, Celia ed Ernesto,

se un giorno leggerete questa lettera, sarà perché non sono più tra voi. Quasi non vi ricorderete di me e i più piccoli non ricorderanno nulla. Vostro padre è stato un uomo che ha agito come pensava e di certo è stato coerente con le proprie idee.

Crescete come buoni rivoluzionari. Studiate molto per poter dominare la tecnica che permette di dominare la natura. Ricordatevi che l’importante è la rivoluzione e che ognuno di noi, da solo, non vale nulla.

Soprattutto, siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo. E’ la qualità più bella di un rivoluzionario.

Lo stesso giorno e lo stesso mese, il 9 novembre, , entrambi morirono, Aldo Natoli oggi, troppi anni fà Ernesto detto il Che; morirono in terre diverse e lontane, tesi a realizzare un unico  sogno universale di eguaglianza. Buon viaggio Aldo, qui noi, alcuni di noi,  cercheranno di seguire i vostri insegnamenti.

  

Chissà se un gatto nero…

.. indifferente al caos che lo circonda, sprezzante del pericolo (e anche di certe regole),  rappresenta uno "stile di vita" a cui guardare con invidia, in un oggi tracimante, da cui molti vorremmo fuggire?

 

Gatto sfinge

foto di Sherazade2005 – Roma, ottobre2010