Per non dimenticare mai

Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa entrò a Auschwitz e liberò gli stremati superstiti del campo e successivamente il 27 gennaio fu dichiarata giornata universalmente consacrata al ricordo della Shoah.
Su questo momento buio della Storia, io ho pensato di sottoporvi un piccolo elenco di film che ho visto  perché, fortunatamente, il cinema è sempre stato molto sensibile così come lo è stata la letteratura.

Kapò, Gillo Pontecorvo
Il diario di Anna Frank, George Stevens,
Il portiere di notte, Liliana Cavani
Arrivederci ragazzi, Louis Malle,
Schindler’s List, Steven Spielberg
Jona che visse nella balena. Roberto Faenza
La settima stanza, Márta Mészáros,
La vita è bella, Roberto Benigni,
La tregua, Francesco Rosi,
Train de vie, Radu Mihăileanu,
Il pianista, Roman Polanski
Il bambino con il pigiama a righe, Mark Herman,
The Reader – A voce alta, Stephen Daldry,

Inoltre, proprio in questa settimana è in programmazione un film della regista Agnieska Holland “In darkness” , che si svolge all’int(f)erno delle fogne di Praga che per circa un anno furono il rifugio di un gruppo di ebrei sopravvissuti con l’aiuto inizialmente pagato e poi gratuito di un operaio borderline polacco, Leopold Socha. A riprova della veridicità dei fatti, il nome di Socha si trova nell’elenco dei Giusti insieme, tra gli altri, a quello di Schindler.
E’ un film emozionante, che prende allo stomaco, ma è importante che sia così, perche nessuno possa dimenticare, abbia l’alibi di non sapere, via via che gli anni passano e anche i pochi superstiti – la memoria martoriata e viva che ancora ci resta – se ne vadano.

lungimiranza statica

Discorso alla nazione  del Presidente degli Stati uniti d’America John F. Kennedy (28 ottobre 1962)
“Che tipo di pace cerchiamo?
Sto parlando di una pace vera.  Il tipo di pace che rende la vita sulla terra degna di essere vissuta.  Non solamente la pace del nostro tempo, ma la pace in tutti i tempi.  I nostri problemi vengono creati dall’uomo, perciò possono essere risolti dall’uomo.  Perché in ultima analisi,  il legame fondamentale che unisce tutti noi é che abitiamo tutti su questo piccolo pianeta. Respiriamo tutti la stessa aria.   Abbiamo tutti a cuore il futuro dei nostri figli. E siamo tutti solo di passaggio…”
Era il 1962, cinquant’anni, o meglio cinquant’anni e qualche mese,  e mi sono ritrovata a collegare questo discorso alla nazione del Presidente Kennedy, ucciso l’anno successivo, il 22 novembre (lascio alla Storia ogni giudizio, più approfondito, positivo o negativo che sia )  a quello del giuramento di due giorni fa  per il secondo mandato dell’ultimo (last but not least)  Presidente degli Stati Uniti d’America,  Hussein Barak Obama. La stessa lungimiranza e sopratutto, nel segno dei tempi,  l’attenzione ai diritti inalienabili da estendere a tutti. Un cammnino ancora lungo da compiere a ‘maniche rimboccate’.
“Ciò che ci unisce come nazione non è il colore della nostra pelle né l’origine dei nostri nomi, ma che tutti gli uomini sono creati uguali e hanno diritti inalienabili: Il nostro lavoro non sarà completo finche i nostri fratelli e le nostre sorelle gay non saranno trattati come chiunque altro in base alla legge”.
In base alla legge!  E, qui, da noi, in Italia? sconfortante.

Orfeo nero (film imperdibile


Dunque salirò (e questa volta il termine è corretto perché – sì – scenderò ma dopo la ‘lezioncina’) in cattedra e vedrò di raccontare qualcosa sul Carnevale che qualche annetto fa ‘festeggiavo’ molto allegramente  e che adesso sembra non interessare neppure a mio figlio maggiorenne.

Ecco che allora  il Carnevale resta tra le pieghe dei miei ricordi di bambina fata Turchina e successivamente di un piccolo cow boy de noartri che del bracciolo della poltrona aveva fatto il suo destriero.   

Per trovare traccia del Carnevale bisogna risalire al periodo greco-romano, alle grandiose feste pagane in onore del dio Saturno affinchè quest’ultimo donasse un raccolto copioso.

Nell’era cristiana  questa festa entrò a far parte del calendario liturgico ponendosi tra l’Epifania e la Quaresima e infatti l’etimologia nasce dal latino ‘carnem levare’ perchè all’Epifania seguiva un lungo periodi in cui ci si asteneva dal mangiare carne. Il medioevo  apportò una modifica al Carnevale: il martedì e il giovedì prima delle ceneri, che venivano festeggiati a base di ‘grassi’ e ricchi banchetti,  presero il nome di  “grassi”.

In Italia la data ufficiale che apre la festa del Carnevale è il 17 gennaio, ma nei piccoli paesi della penisola e nel resto del mondo le date di apertura del Carnevale variano. Possono cominciare il giorno di Santo Stefano, dell’Epifania, il 17 gennaio o il 2 febbraio.
Il  Carnevale dovrebbe rappresentare  la purificazione. Un episodio accomuna i luoghi e  il giorno,  è quello in cui i carri allegorici sfilano mostrando le proprie maschere di cartapesta o ‘vere che presiedono al funerale di un enorme omaccione, oggi nelle sembianze di uomo di potere,  che altri non è se non l’anno vecchio che muore e porta via con sé tutti i mali passati.
L’ultimo giorno di Carnevale è il  martedì grasso che cade il 47 esimo giorno prima della Pasqua.

sotto il segno del cancer

“L’aprirsi tranquillo e metodico del guscio da cui uscite lentamente con un sontuoso sbadiglio per presentarvi al mondo
O il farci ritorno perchè lì qualcuno ogni volta vi sistema i cuscini.
Chi entra e chi esce allarga le narici in una inspirazione potente che pare carpire i profumi più buoni del mondo
Anche se Giove è insistente nell’impedire la stabilità ideale tra fuori e dentro, immaginazione e azione
Mercurio e Venere disegnano un magnifico trigono che porta a vedere il bello, il positivo, ciò che dà piacere
Accettate fatica e imperfezione con maggiore elasticità, l’umore non si sbriciola, non si distorce.”

Sono pigra, amo la casa ed i suoi cantucci dove mi piace pitoneggiare  nel vuoto  più assoluto ma  poi  improvvisi scatti di energia mettono  in atto con  irrefrenabile  efficienza progetti severi e ben costruiti.  E tuttavia  il bello  della vita, la sua magia,  fanno fatica a scalzare   scetticismo e paure.

Essere imperfetta e dunque non sentirmi  protetta nel mio guscio  mi crea tensione e so che dovrei essere più generosa nel giudicarmi. Poi mi accorgo di volermi un po’ di bene e arriva il sorriso.

parole e pensieri

L’amico http://banzai43.wordpress.com/ ci ha regalato l’ultima quartina di una poesia della poetessa Wislawa Szymborska che recita:
“Quando lui non mi guarda,
cerco la mia immagine
sul muro. E vedo solo
un chiodo, senza il quadro.”
Non conoscevo se non per ‘sentito dire’ questa poetessa polacca contemporanea, premio Nobel per la letteratura nel 1996, ed è sempre un arricchimento sperimentare nuove emozioni, sollecitata a scoprire il tutto che ignoro ma, ecco il mio ma.
L’idea che una donna ancorchè follemente presa da un uomo possa sentirsi “un chiodo, senza quadro” “quando lui non mi guarda”, questo proprio mi mette l’angoscia. Un pensiero che cozza con il percorso di conoscenza, di rispetto di sé, che le donne hanno compiuto nell’ultimo secolo e che con fatica, un po’ camminando come i gamberi, tentano di mantenere.
Abnegazione? Sottomissione? Non puo’ essere ‘solo’ per amore. Leggo i versi che precedono:
“Eva dalla costola, Venere dall’onda,
Minerva dalla testa di Giove
erano più reali.”
Eva dalla costola di Adamo, Venera dell’onda del mare, Minerva dalla testa di Giove. Davvero le donne sono ancora il parto di un universo al maschile che le rappresenta nel concreto?
Penso a un libro che ho letto di recente, emblematico sin dal suo titolo “La metà di niente” della scrittrice Catherine Dunne che racconta di una moglie cinquantenne, lasciata dal marito dopo vent’ anni di matrimonio. Anni nei quali lei si era data anima e corpo a quella sua metà complementare che all’ improvviso si affranca facendo terra bruciata intorno a lei che all’improvviso si rende conto di essere diventata ‘la metà di niente’. Riappropriarsi e ricostruire la propria identità autonoma, sarà lungo e faticoso però ne sarà valsa  la pena.
Altri pensieri contorti si affastellano nel mio non ragionamento e vanno dal ruolo di predominio maschile che nell’ abnegazione d’amore delle donne trae il diritto ad abusarne, a ritenerle oggetti di proprietà.
Penso che nel migliore dei modi quando si smette di amare  è perché dall’ immaginario desiderato e proiettato a completamento dei nostri sogni  alla fine emerge una personalità diversa, non peggiore né migliore, ma diversa:  “Tu sei diversa, tu non sei più quella che…”  eccolo lì,  il chiodo, un puntino nero sulla parete spoglia.
“…Quindi – come sollecita Alessandro Portelli in una sua recente intervista – anche se i nostri sogni non sono stati all’ altezza, o noi non siamo stati all’ altezza dei nostri sogni, quello che conta è che abbiamo provato a farli. Ci si può stufare dell’oggetto sognato, ma non ci si può stufare dell’attività di sognare.”

Io direi di voltare pagina.  Prendere le distanze per non diventare “Donne che amano troppo” http://books.google.it/books/about/Donne_che_amano_troppo.html?id=a3o9-XQx2g4C&redir_esc=y

Grazie a chi sarà arrivato fino in fondo a questo mio lunghissimo post 😉

Spes, ultima dea

Scusate se ancora mi prendo qualche giorno,  mantenendomi a distanza di sicurezza  dai buoni propositi, dalla prima pagina bianca che vorrò scrivere in bell’ordine come si fa  il primo giorno di ogni primo giorno di scuola.
Il mare d’inverno

mare

La collina umbra,  home sweet home

SolediGennaio

Spes, ultima Dea

ESPOSITOorchi1993_BIG

In effetti è stato un anno terribilis, questa eloquente immagine (presa dal web)  potrebbe testimoniarlo ma nella sua austerità luminosa io riesco a leggere una speranza.  Speranza che desidero condividere con voi e che venne espressa,  rimanendo ancora  oggi troppo attuale da Martin Luther King.
“Amici,  so che questo è un tempo difficile.
Eppure ho un sogno.  Sogno che un giorno,
in ogni città e villaggio e ghetto del mondo,
saremo capaci di trasformare
le montagne della disperazione
nella pietra della speranza.”