Non credo che dichiarare la propria omosessualità sia un fatto di semplice ipocrisia.
Il coming out cioè dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale, è un atto travagliato, spesso ritardato, a volte mai espresso, per un senso di colpa culturale, di inadeguatezza soprattutto nei confronti dei propri cari, delle persone che per lo più concepiscono la sessualità in termini canonici (la Chiesa) o costituzionali (vedi lo scivolone di Massimo D’Alema).
Questo incivile utilizzo di outing (rivelare senza averne diritto l’omosessualità altrui), questa gogna mediatica, nata dalla provocazione di Aureliano Mancuso leader della comunità Gay (lanciò il sasso ed ora nasconde la mano) di denunciare, peraltro senza prove, dieci politici del Pdl che votarono contro la legge sull’omofobia pubblicando i loro nomi su un sito internet non porta a nulla e – io credo – per le ragioni che ho detto poco sopra ma soprattutto, perché la sessualità, o meglio l’orientamento sessuale, è un fatto privato e nulla deve avere a che fare con il ruolo che ognuno di noi è chiamato a svolgere nella società, sì, anche in parlamento in un momento tanto grave.
Certo, oggi, nel magma putrido di cui siamo circondati è difficile pensare in buona fede e scindere il pubblico dal privato ma io voglio farlo per non cadere, come dire?, nel trappolone che siamo tutti ugualmente corrotti, chi più chi meno.
Del resto vorrei levarmi un sassolino nei confronti dell’onorevole del Pd Paola Concia (promotrice della legge contro l’omofobia) che dopo tanto pugnare per il bene comune e aver tuonato la sua rabbia urbis et orbis, lei che cmq poteva, è subitamente conVOLATA a nozze con la sua Bella in Germania, segno lampante di distinzione tra chi può e chi non può permettersi certi escamotages. Anche questa è incoerenza di sinistra: andare contro le proprie leggi o, meglio, aggirarle.
Chi mi conosce sa bene quanto so’ essere draconiana nelle mie posizioni femministe eppure io sono contraria alle quote rosa che certamente faciliterebbero le donne nella società ma non educherebbero a sceglierle per qualità ma per sesso (debole e dunque da tutelare).
Pene maggiori per chi fà torto a un gay, a una donna, a un bambino a un vecchio, o brucia un immigrato meglio se nero, a un barbone?
Dati alla mano abbiamo visto che la pena di morte, ove ancora barbaramente praticata, non costituisce un deterrente.
Inculcare il senso di pari dignità, di pari diritti. Assumere ognuno singolarmente e a discapito delle apparenze, comportamenti onesti, questo è quello che dobbiamo imparare e non a farci giustizieri o portatori di rivalse:
“ah! TU non hai firmato la legge contro l’omofobia?
Allora IO denuncio la tua omosessualità”.
Tristissimo! sarebbe come ammettere che ogni decisione, ogni nostra scelta è schiava delle pulsioni sessuali, e dunque andando a ritroso ecco rispuntare le attenuanti per le donne che in quel periodo commettono reato, magari dinuovo le attenuanti previste per il delitto d’onore, oppure imputare alla moglie o all’amante di un giudice (lei che non glie l’ha data) il rigore di una pena.