Da qualche tempo tutti mi dicono che manco della mia ‘solita verve’ anzi mi vedono ‘smagrita’ – il che è un effetto collaterale ben accetto per incentivare la prova costume se e quando calerà il vento e smetterà di piovere sabbia ogni pomeriggio – … eppure io non ho niente; la mia salute , quella certificata dalle ultime analisi di rito – anche quelle di prevenzione rigorosamente pagate secondo nuove direttive (ma suvvia che si può fare se si millantano tasse al minimo storico se non tagliando, scelleratamente, altrove?)
‘Lo so tu sei troppo sensibile e del resto come si fa a stare bene guardando a quanto di orribile accade nel mondo ogni momento?’
No! Perdonatemi tutti. La mia non è sensibilità ma mera, circoscritta e grande ansia per la salute di un mio congiunto acutizzata dal fatto che lui, in questo momento, trova forza nel silenzio e nella solitudine facendo stare me in uno stato di perenne fibrillazione.
Capire e non capire. E’ egoismo sentirsi esclusi? Essere impotenti? Imprigionare l’amore che si potrebbe mettere in una carezza? In un sorriso? Sono evanescente!

Ritorno ad Acque e terre di Salvatore Quasimoso e alla sua poesia “Solitudini” dalla quale estrapolò la terzina finanale facendola vivere di luce propria tanto sono profondamente vissuti il tema della solitudine umana, della pena del vivere e della morte: la brevita del tempo ridotto a quel ‘subito’ sera tra l’oscillante, altalenante, attesa della felicità appesa a quel ‘raggio di sole’ che muta in dolore, disillusione che trafigge.

‘Ognuno sta solo sul cuor della terra,
trafitto da un raggio di sole;
ed è subito sera . ‘ S. Quasimodo

(fotografie sherazade2011)