Edith Bruck (1931)

Ascoltare Edith Bruck vuol dire entrare in uno spazio senza tempo, quel tempo che nei campi “non passava mai, si dilatava, pesava sulle spalle” nella costante paura di morire, nella costante attesa di morire.”

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Reduce dell’Olocausto, sopravvissuta alla deportazione nei campi di concentramento di Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen, Edith Bruck ha trascorso gran parte della sua vita a raccontare la terribile esperienza con la sua arte, gli scritti e portando la propria testimonianza presso scuole e università, per mantenere viva la memoria.

io non trovo parole annichilito dalla violenza e anche all’antisemitismo che si sta riversando in tutto il mondo dopo l’orrenda strage da parte di Hamas. Scusatemi.

Teniamoci strettiestretti anzi strettissimi ❤️

Bambini bene prezioso

” I bambini furono  tra i più esposti alle violenze dell’ Olocausto.
 
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In tutto, si calcola che (cifra per difetto)  un milione e mezzo di bambini e ragazzi sia stato ucciso dai Nazisti e dai loro fiancheggiatori.
 Di queste giovani vittime, più di un milione erano Ebrei, mentre le altre decine di migliaia erano Rom  (Zingari), Polacci  e Sovietici che vivevano nelle zone occupate dalla Germania, nonché bambini tedeschi con handicap fisici e/o mentali provenienti dagli Istituti di cura
 
Il destino dei bambini, Ebrei e non-Ebrei, poteva seguire diverse vie:
1) i bambini venivano uccisi immediatamente, al loro arrivo nei campi di sterminio:     2) potevano venir uccisi subito dopo la nascita, o mentre si trovavano ancora negli Istituti che li ospitavano;   3) i bambini nati nei ghetti e nei campi  potevano sopravvivere quando gli altri prigionieri li nascondevano;  4) i bambini maggiori di 12 anni venivano destinati al lavoro forzato o erano usati per esperimenti medici;   5) infine, vi furono i bambini uccisi durante le operazioni di rappresaglia o quelle contro i gruppi partigiani.”
shmm. Org )
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Di testimonianze e racconti, importanti e approfonditi su questa Giornata della Memoria avremo dodo di ascoltarne molti.

Ricordiamo! e soprattutto non perdiamo occasione, quale che sia, per ricordare ai nostri bambini e ai nostri giovani di sapere mettere frutto bene le loro vite perché questo è onorare quei loro coetanei strappati alla vita.

teniamoci-oggi- strettestretti anzi strettissimi 💔

Dedicato a chi…

.. .vive nell’ignoranza e azzarda paragoni,  e offende e dilania la Memoria di quelle che sono state davvero le infamie del  regime nazi-fascista e le sue vittime.

… a quel popolo no vax  che nelle proteste  contro il green pass, ha sfilato con appuntate sulle magliette delle stelle di David per ricordare le famigerate stelle gialle di stoffa che gli ebrei furono costretti a mostrare con il varo delle leggi razziali durante il nazismo.

“Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell’aria. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia: sarebbe sciocco negarlo. […] Se ne descrivono i segni: il disconoscimento della solidarietà umana, l’indifferenza ottusa o cinica per il dolore altrui, l’abdicazione dell’intelletto e del senso morale davanti al principio d’autorità, e principalmente, alla radice di tutto, una marea di viltà, una viltà abissale, in maschera di virtù guerriera, di amor patrio e di fedeltà a un’idea.”
Primo Levi

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 Teniamoci strettistrette anzi strettissimi 🌹🌹🌹

La crostata della Memoria

Avrei voluto tacere. Ma oggi ho sentito la mia ‘zietta’ Lorenzina , Lorenza Mazzetti. E’ forte e vitalea dispetto dei suoi quasi novan’anni. . Domani l’accompagnerò in un piccolo centro culturale alle porte di Roma dove si racconterà e poi verrà proiettato il suo film.
Ho appena infornato una delle due crostate  che addolciranno le nostre parole.
Abbiamo il dovere di mantenere viva la Storia non solo come bagaglio culturale ma come quotidianità, sentire comune.
Ecco il senso delle mie crostate.

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Roma, simbolo universale della cattolicità, in realtà è una città anche ebraica. Da più di duemila anni vive qui una comunità, la più antica, di ebrei della diaspora e non come ospite ma parte integrante della vita, della storia e della cultura di questa città. Senza la loro presenza Roma non sarebbe più la stessa.

Persino la tradizione gastronomica più antica e verace che unisce la cucina giudaico-romanesca ne risentirebbe. Niente più passeggiate fino al Forno del Ghetto per andare a comprare la crostata di ricotta e visciole, così amata dai tutti i romani che amano cenare in uno di quei ristorantini senza tralasciare le squisite polpettine al sedano che le insaporisce al posto del parmigiano essendo vietato mescolare carne e latte (parmigiano).

Il pane, ne vogliamo parlare?,  che  ha un posto speciale nella tradizione culinaria ebraica poiché considerato pietra miliare dell’alimentazione, quindi fondamento della vita, e che  richiede speciali…

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La crostata della Memoria

Roma, simbolo universale della cattolicità, in realtà è una città anche ebraica. Da più di duemila anni vive qui una comunità, la più antica, di ebrei della diaspora e non come ospite ma parte integrante della vita, della storia e della cultura di questa città. Senza la loro presenza Roma non sarebbe più la stessa.

Persino la tradizione gastronomica più antica e verace che unisce la cucina giudaico-romanesca ne risentirebbe. Niente più passeggiate fino al Forno del Ghetto per andare a comprare la crostata di ricotta e visciole, così amata dai tutti i romani che amano cenare in uno di quei ristorantini senza tralasciare le squisite polpettine al sedano che le insaporisce al posto del parmigiano essendo vietato mescolare carne e latte (parmigiano).

Il pane, ne vogliamo parlare?,  che  ha un posto speciale nella tradizione culinaria ebraica poiché considerato pietra miliare dell’alimentazione, quindi fondamento della vita, e che  richiede speciali benedizioni quando si consuma. Il pane del sabato si chiama challah e  di norma si prepara in casa e portarlo in tavola è una festa.

Io vorrei quest’anno ricordare e raccontare gli orrori dell’Olocausto attraverso il ‘piacere’ delle piccole cose quotidiane che dovrebbero fare da collante tra le genti e niente unisce di più del rituale del cibo. Il piacere dello stare insieme, del condividere l’ospitalità.

L’Olocausto ci ha restituito brandelli di uomini e donne, pochi bambini, scheletri baudelaireiani occhi affamati.

Ricetta originale della Crostata di ricotta e visciole (6 – 8 persone)

400 g farina;  240 gr di zucchero;  200 gr.di burro;  4 tuorli d’uovo;  scorza di limone;  un pizzico di sale,  400 gr di ricotta di pecora;  2 uova intere; 2 cucchiaini di sambuca o rum; 350 gr. confettura di visciole.

per la frolla:
400 g di farina;  200 g di zucchero;  200 g di burro;  4 uova, solo i tuorli; scorza di limone;
sale.
Preparare la frolla con gli ingredienti sopraelencati, farla riposare
per il ripieno:
400 g di ricotta romana di pecora; 140 g di zucchero; 2 uova ;2 cucchiai di sambuca o rum , a piacere; 1 barattolo di confettura di visciole, 350 g circa

Mescolare insieme tutti gli ingredienti per la crema di ricotta fino ad ottenere una crema perfettamente liscia.         Con parte della pasta frolla rivestire il fondo e i bordi di una tortiera (diametro 26 cm), fare uno strato di confettura quindi versarvi sopra la crema di ricotta. Con la pasta rimasta ricavare, con l’aiuto di una rotella dentellata, le strisce per la copertura.        Far cuocere la torta in forno a 170°C per circa 1 ora quindi aspettare che sia ben fredda prima di tagliarla e servirla spolverata di zucchero a velo.

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Il cielo cade – Negli anni della seconda guerra mondiale, due sorelline orfane vivono un’infanzia felice presso una villa toscana, insieme agli zii ebrei tedeschi, Katchen e Wilhelm, lo zio cugino di Albert Einstein, che le hanno prese in custodia. Nell’estate del 1944 arriva nella villa l’’esercito nazista e i soldati trucidano tutta la famiglia lasciando loro vive perché ‘non ebree’. Questo non essere ebree e sprezzantemente  ‘vive’ ha segnato la loro vita.

Queste due bambine di allora, morta la loro mamma di parto ed essendo mio nonno e loro padre grandi amici, furono accolte in casa e cresciute fino a sei anni da mia nonna con mia mamma e le mie due zie.  Oggi sono le uniche persone care della mia famiglia – di quella generazione – ad essermi rimaste e in questi giorni Lori sta, come sempre tutti gli anni, girando l’Italia a raccontare il suo Il cielo cade che è anche un libro ripubblicato da Sellerio Editore.

Per non dimenticare, insieme.

(Tieni le mani in alto sennò) il cielo cade

“Vi sono due tipi di testimoni: quelli che assistono, guardano e tacciono e quelli che assistono, vedono e parlano. Questi ultimi sono vicini ai martiri (a coloro che si sono sacrificati e sono morti per un’idea), poiché testimoniano con i fatti ciò a cui hanno assistito, a rischio della loro incolumità. Martiri e testimoni «giusti» si accomunano e vivono per
sempre attraverso le generazioni, mentre i testimoni «silenti», come i morti «inutili», dopo qualche generazione scompaiono dal ricordo dei vivi.”. Pietro Kuciukian

Anticipo questa giornata dedicata alla Memoria dell’Olocausto del 27 gennaio (1945) giorno in cui l’Armata Rossa entrò a Auschwitz e liberò gli stremati superstiti del campo perché desidero sottoporvi alcuni film che forse incuriositi vorrete cercare in rete in questi giorni.

L’ordine è quello che io ho scelto per assonanze personali.
Ho parlato di bambini ma per fortuna il mondo del cinema – di cinema qui parlo – è sempre stato, e per fortuna resta, sensibile e attento nel documentare dalle diverse angolature la tragedia immane quanto assurda che ha prodotto tanto orrore e strazio di vite umane e che taluni, ancora oggi, osano negare.

Il cielo cade – Negli anni della seconda guerra mondiale, due sorelline orfane vivono un’infanzia felice presso una villa toscana, insieme agli zii ebrei tedeschi, Katchen e Wilhelm, lo zio cugino di Albert Einstein, che le hanno prese in custodia. Nell’estate del 1944 arriva nella villa l’’esercito nazista e i soldati trucidano tutta la famiglia lasciando loro vive perché ‘non ebree’.

Queste due bambine di allora, neonate,  morta la loro mamma di parto, essendo mio nonno e loro padre grandi amici, furono accolte in casa e cresciute fino a sei anni da mia nonna e condivisero la loro primissima infanzia con le tre ‘Sorelline’ : mia mamma e le mie due zie. Oggi sono le uniche persone care della mia famiglia – di quella generazione – ad essermi rimaste.

Il bambino col pigiama – Berlino, anni Quaranta. Bruno è un bambino di otto anni e una passione sconfinata per l’avventura, che divora nei suoi romanzi e condivide coi compagni di scuola. Il padre di Bruno, ufficiale nazista, viene promosso e trasferito con la famiglia in ‘campagna’ o meglio a dirigere un campo di concentramento in cui si pratica l’eliminazione sistematica degli ebrei. Bruno, costretto ad una noiosa e solitaria cattività nel giardino della villa in cui vivono, trova quotidianamente una via di fuga sconfinando dal giardino,  oltre il bosco e al di là di una barriera di filo spinato elettrificato incontra Shmuel, un bambino ebreo là detenuto insieme al padre.

la vita è bella – Orefice Guido, cameriere e poi libraio nell’Italia del ventennio, ha sposato una maestrina ricca, ed è ebreo. Esattamente come il suo vecchio zio, e come Orefice Giosué, il suo bambino. Come tutti gli ebrei, i tre sono stati caricati su un camion, poi su un treno, e portati in un campo di concentramento

la chiave di Sara – Julia Jarmond, giornalista americana che vive in Francia da 20 anni, indaga sul doloroso episodio del rastrellamento nazista del Vel d’Hiv a Parigi. Il soggetto di un possibile articolo giornalistico diventa per Julia qualcosa di più personale, fino a svelare un mistero familiare

il diario di Anna Frank – Un film a cartoni animati giapponese che in un modo diverso, al passo con i tempi, con i nuovi linguaggi, eppure altrettanto efficace nell’ insegnare alle nuovissime generazioni ormai lontane anni e anni, a ricordare l’infamia dell’Olocausto o Shoah nel lessico biblico di distruzione.