Piccole donne crescono.
Indelebile, sull’onda di emozioni, riemerge il ricordo della ‘prima volta’.
Ero una ragazzina imbronciata, strattonata tra le durezze perbeniste di una nonna gendarme e la solare innocenza di una madre fanciulla.
Più che una prima volta fu un primo sprovveduto tentativo, una debacle prevedibile. Un sopruso, anche.
Per mesi ci eravamo molto baciati in una sorta di sfinimento.
Io rientravo a casa con le labbra tumefatte e il cuore in gola piena di brividi per le lunghe ore passate a frugare l’uno nel corpo nascosto dell’altro.
Il mio seno e i capezzoli doloranti; il gonfiore ‘sospetto’ tra le sue gambe dove lui indirizzava la mia mano: “Accarezzami..”.
Un pomeriggio in camera sua (mi avrebbe dovuto dare ripetizioni di matematica) ci ritrovammo sul letto seminudi.
Ricordo il timore forte e il desiderio che mi pulsava alle tempie. E in tutte quelle sensazioni contrastanti e gesti goffi sentii tra le mie gambe ‘quel’ qualcosa di duro e di grande che si apriva un varco nel tentativo di penetrarmi.
“Non voglio “.
L’ emozione svanì e lasciò spazio alla paura, a un dolore sordo quando lui cominciò a muoversi dentro di me.
Ansimavo, oppressa da quel corpo che mi pesava, che ora veloce ora lento mi assestava colpi profondi. Entrambi soli, lui col suo piacere che non capivo…io? Io niente.
Poi un lungo sospiro, quasi un rantolo, coincise con un liquido tiepido che mi bagnò le cosce.
Lo tamponammo con un klinex e allora vidi che era bianco, appiccicoso macchiato da un grumo di sangue rosso.
Non ero piu’ vergine.
(..e ‘per grazia ricevuta’ non rimasi in cinta).