ed è subito sera… e sangria

Macedonia  oppur Sangria

blog  sonnacchioso 🤩shera da mare salutista

La giornata è finita ed a me piacerebbe sorseggiare una fresca  Sangria in vostra compagnia.

Prepararla in casa è molto semplice. Basta disporre di ottima frutta di stagione, vino e spezie.
Non esiste un’unica ricetta della sangria – che prende nome dallo spagnolo sangue per il suo colore rosso cangiante –  e ognuno la fa a suo modo, ma in generale possiamo dire la regola più importante è che deve essere servita fredda e preparata con un po’ di anticipo perché tutti i sapori dei vari tipi di frutta hanno bisogno di tempo per sposarsi.

Serve un vino giovane, non  necessariamente di altissima qualità. Basta che sia buono, non astringente, dal retrogusto fruttato e molto profumato come il Merlot o il Primitivo , a mio gusto.
La sangria classica è rossa, preparata appunto con un vino rosso, ma esiste anche una variante chiara, tipica della regione della Catalogna, dal gusto più delicato ed è preparata con vino bianco.

La sangria originale si prepara con pesche, mele, arancia e limone. Poi si allunga con il succo di arancia ‘purtroppo’ il più delle volte confezionato.
Questa è anche la stagione delle fragole e dei frutti di bosco e la versione bianca con questi frutti è deliziosa soprattutto se al posto del vivno si utilizza un buon prosecco.

La preparazione è semplicissima,

Per prima cosa tagliate a cubetti due pesche noci e una mela e affettate abbastanza sottilmente un’arancia e un limone.
In un grosso recipiente di vetro versate mezzo litro di vino rosè e mescolatelo con 120 gr di zucchero, 2 stecche di cannella e 4 chiodi di garofano. Aggiungete poi altrettanto succo di arancia o limone e 50 gr di cointreau o brandy e lasciate riposare tutto per una notte, o per qualche ora, in frigorifero.

Al momento di servire aggiungete altri 500 ml di vino e 300 di acqua o  succo di arancia.

Scegliete dei bicchieri capienti e mettete all’interno prima la frutta con un mestolo e poi la parte liquida. Servite con una cannuccia e un cucchiaino.
A qualcuno piace molto fredda e quindi in questo caso servite a parte qualche cubetto di ghiaccio.

Ricordate! la sangria, come tutti i cocktail, va bevuta con moderazione perché non è una semplice macedonia di frutta!

A presto amiche e amici carissimissimi .Luglio è agli sgoccioli. Vi lascio con un brindisi oh sì!

Strettistretti non è proprio il caso ma un abbraccio circolare e…Cin Cin Cin ! ! !

foto dal web

Cestini di pasta brisé con cozze, seppie, patate e cipolla di Tropea

Faccio una prova per l’amico Max di mangiarebene..  in quanto  pare essere sparita la casella ‘reblog’ e sostituita con questa ‘Wpubblicalo’ che rimanda direttamente al blog tramite link senza una prewiew.

E comunque una buona idea, aggiungo io, per stappare con la prelibatezza di Max  un Fiano di Avellino… ma dopo la colazione !

 Cestini di pasta brisé con cozze, seppie, patate e cipolla di Tropea

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Buona settimana amici cari e sopratutto…teniamocistrettistretti

e’ qui la festa?

Cardamomo,  rughetta,  peperoncino,  e poi  la mandragola,  il  coriandolo e lo zenzero. Gamberi, gamberetti, molluschi.

Sono, alcuni ingredienti nostrani considerati magici facilmente reperibili  utili  per irretire gli incerti, favorire gli incontri amorosi, rinverdirli,  renderli paradisiaci, indimenticabili.

Per queste leccornie, non serve il salone imbandito del castello,  né le stregonerie del mago Merlino, questi elementi sapientemente dosati nel cibo, o cibo essi stessi, ve lo ripeto,  (e spesa relativa)  rinvigoriscono passioni un po’ sopite dal quotidiano trascorrere del tempo, rendono arditi i principianti, garantiscono ossignur!! sì, un dolce morire e, mal che vada, non si resta con l’amaro in bocca.

Tralasciando le scene ad effetto del corpo cosparso di nutella, o di candida panna montata a coprire angolini di per sé già nascosti, si può organizzare senza troppa fatica una vera cena sicuramente appetitosa e poi… si recita a soggetto.

Che fare? Da attenta  buongustaia ed  eterna principiante dei fornelli io proporrei :

 centro tavola di fiori freschi non profumati.

–  antipasto di avocado (due metà) leggermente svuotate e coperte da una noce di caviale,  servito in una coppetta con ghiaccio tritato

a seguire:

–  spaghettini integrali conditi con pomodorini,  pecorino e  abbondante rucola che  dagli antichi Romani,  era considerata un potentissimo afrodisiaco

– 6 gamberi saltati in padella con due foglie di alloro  sfumati insieme a mezzo flute di champagne che farete evaporare fino a renderlo cremoso et voilà un secondo stuzzicante e leggero.

Dopo un piccolo intervallo di densi silenzi inframezzati da morbide parole sapientemente dosate, per chiudere in bellezza proporrei

una mousse (non sorbetto!) al limone abbellita da coriandoli di limone candito.

La bottiglia di champagne ben ghiacciato, per me Veuve Clicquot tra i preferiti, luci soffuse, qualche candela profumata, un pizzico di allegria perché seduzione e amore si nutrono anche di vitalità si aspetta la Mezzanotte senza bisogno di tuffarsi in un locale pieno di gente, rumoroso più che gaio, non me ne vogliano i giovani e le grande comitive. Non me ne vogliano i single impenitenti o di ritorno accoppiati per l’occasione, non me ne voglia nessuno. Anche soli si può stare in buona compagnia se impariamo a conoscerci ed amarci poco poco che sia.

Buon fine anno! Un nuovo promettente 2018 carissimi tutti e, come diceva quel geniaccio di Ennio Flaiano:

“Coraggio che il meglio deve ancora arrivare”.


Love Love Love Shera

tutto passa (Another sunrise

E allora vi dirò che non mi piace il clima che si instaura a dicembre.

Sono tra quella schiera sempre più folta a cui prende la malinconia, senza buttarla sul sociale o sul politically correst,  il desiderio di essere altrove fuori dalle luci, fuori dal buonismo, fuori dall’allegria che si fissa sulle labbra e inevitabilmente sui social.

Questa idiosincrasia mi si è andata consolidando dall’ anno che piccolina ho scoperto che  Babbo Natale non esisteva e mi sono sentita per la prima volta ingabbiata, costretta a crederci ancora per un po’ per non deludere i ‘grandi’, una costante della mia vita futura.

E così sarà di nuovo Natale e già si pensa a rifornire la dispensa , a buttar giù un menù in linea con la tradizione.

Oggi mi sono esibita in un tortino che può avere tantissime variazioni: la mia, semplicissima, con gli spinaci.

TORTINO

1 rotolo di pasta sfoglia Buitoni (non inorridite è buonissima e può essere conservata in frigo )3 etti di spinaci    /    3 uova    /    3 cucchiai di parmigiano    /    2 cucchiai di panna, sale e pepe qb.

Procedete bollendo gli spinaci, scolateli e sminuzzateli   –   in una scodella sbattete i bianche a neve, aggiungete i tuorli, il parmigiano, la panne, sale e pepe (oppure cannella o scorza di limone o noce moscata a vostro gusto)  mescolate il tutto e aggiungete infine gli spinaci mescolando il tutto.       Foderate con la pasta sfoglia (senza staccarla dalla carta forno che l’avvolgeva) una teglia rotonda da 22 cm  e versatevi  e stendete l’amalgama,  infine rimboccate all’interno la pasta in avanzo.

Ponete in formo (preriscaldato) a 180gradi per circa 30/40minuti questo dipende dal vostro tipo di forno.           A cottura ultimata sollevate il tortino con tutta  la carta forno e adagiatelo su un piatto da portata estraendo poi delicatamente la carta.

Ottimo tiepido per una cena leggera o un lunch festivo.       Socchiudete gli occhi assaporatene il gusto delicato, un sorso di Fiano di Avellino ben freddo…

Niente paura tutto passa, ecco, arriva… Another sunrise !

Another sunrise

Another sunrise

Another sunrise

Sunrise

Sunrise

Sunrise

(Il suono è accattivante, il video divertente ma ‘occhio’ il testo lo è molto meno. Il gruppo è italianissimo e l’ho scoperto in palestra : un due un due un due tre)

Oggi ha piovuto e ci siamo bagnate dunque abbracciamoci strettistrettianzistrettissimi

un arancione che scaccia il freddo

Gennaio 2012.
Pochi commenti e di due persone carine (Azalea e Sonia (Ideeintavola) che non scrivono più.
Mi sento fuori fase, avrei sulla punta della lingua, dei tasti, troppi mugugni ed allora mi taccio per non unirmi al coro di quelli che sanno tutto e tutto è il loro pane quotidiano…

Fa molto freddo, a Roma tre forti scosse di terremoto di due giorni fa hanno ulteriormente inciso su un mio retrogusto di malumore verso troppi avvenimenti.

La vellutata di zucca, quella di Modena è la più ambita, vi riscalderà senza richiedere troppa “arte”.

Un abbraccio circolare a tutti voi. Sally vi aspetta per la colazione…

sallymandarinetti

 

sherazade2011

La vellutata di zucca è una zuppa allegra e delicata preparata con polpa di zucca gialla, una o due piccole patate, un bicchiere e mezzo  di acqua,  sale qb (a chi piace facendo precedere la bollitura da un piccolo soffritto di cipolla o  profumandola con un  pizzico di cannella prima di servirla ); a cottura ultimata (in pentola  a pressione bastano venti minuti) il tutto viene messo nel frullatore per ottenere una crema abbastanza solida.  Personalmente ammorbidisco il sapore aggiungendo agli ingredienti due sottilette di formaggio fuso (kraft, per capirci).


La vellutata di zucca fatta alla mia maniera, si serve adagiandola su una bella fetta di pane abbrustolito, cospargendola di abbondante parmigiano grattugiato   oppure – una leccornia con qualche caloria in più! –  accompagnata da dadini di pane, sempre casereccio, fatto saltare in padella con poco olio.

 

Ingredienti per 4 persone:
zucca gialla 1kg

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e andando a ritroso

 

Due volte all’anno soprattutto dopo l’estate dove le finestre aperte (e Sally) fanno entrare una doppia dose di polvere e foglioline che non sempre restano sul pavimento, occorre spolverare tutti i libri e soprattutto quelli della libreria in ingresso che si trova tra due fuochi: la porta di casa e la finestra che dà sul giardino.

finestrasoggiorno

libreriasalli

Per i piani che toccano il soffitto serve la scale e un aiuto,  scendendo mi piace farlo da sola ed è un’occasione per accarezzare i libri , miei e di mia madre, uno ad uno.   Di mia madre, e prima ancora di mia nonna, ecco qui

artusi

La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, scritto alla fine  dell’Ottocento da Pellegrino Artusi; è uno dei libri più importanti della cucina italiana perché è ricco di dissertazioni, lega spunti linguistici a una prosa limpida e le sue ricette diventano discorso che si snodano semplici.

Vado a cercare la ricetta degli spaghetti alla Carbonara mangiati la sera prima e  ottimamente cucinati. Pecorino o Parmigiano oppure misto o?  Trovo qui la ricetta e poi, non contenta, volendo confrontarla in rete spuntano alcune teorie sulla sua origine e ve le riporto perché forse vi piacerà conoscerle.

“La pasta alla carbonara è una delle ricette più storpiate fuori e dentro i confini italiani. La maggior parte dei ricettari non ne testimonia la presenza sino al 1930. . . .   tra le possibili versioni della sua origine, ci piace credere a una stretta parentela con gli Stati Uniti: si inizia a vederla menzionata dopo la liberazione di Roma del 1944. Forse fu proprio in quel periodo che comparve il bacon (pancetta affumicata) insieme alle buste liofilizzate di uova portate dalle truppe USA.

Ma i più nazionalisti – e romantici – non sono d’accordo. Secondo loro la carbonara sarebbe l’evoluzione del “cacio e ova”, di impronta laziale e abruzzese, e prenderebbe il nome dai boscaioli che andavano sugli Appennini a fare carbone con la legna. Di certo nessun esperto di ricette tradizionali userebbe bacon o la pancetta (entrambi ricavati dal ventre dell’animale): la vera ricetta prevede il guanciale, proprio la guancia del suino, con alta quantità di muscolo e bassa quantità di grasso pregiato.”

La ricetta originale prevede l’utilizzo del guanciale (e non della pancetta), tagliato a listarelle non troppo fini e messo a rosolare fino a che non diventa croccante.

Poi bisogna mettere in una ciotola e sbattere quattro tuorli d’uovo (per quattro persone)  un uovo intero, il pecorino grattugiato, il sale e il pepe, aggiungere il guanciale appena fatto e mettere a riposare il composto in una ciotola.

Dopo avere cotto gli spaghetti,  scolarli al dente e metterli nella ciotola con un cucchiaio di acqua di cottura,  visto che il calore della pasta appena scolata farà addensare il composto. Il tocco finale è l’aggiunta di altro pecorino grattugiato a fresco e un ulteriore pizzico di pepe che  a tutti gli effetti è ingrediente essenziale.

Personalmente sposerei la mia Carbonara esperimento riuscito!) con un vino laziale come il  Bianco Capena Siperiore Secco o se vi piace il friccicore in bocca penserei a  un Cerveteri Bianco Frizzante entrambi rigorosamente Doc. 

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Sally è già pronta con la sua ciotolina per un assaggio! Ordunque cosa aspettate?

Un abbraccio circolare e un sereno fine settimana.

(foto sherazade)

Il buon cibo per me

 

E’ proprio vero quando si è sfaticati come lo sono io al di là del lavoro dove assomiglio  davvero alla signorina  Rottermaier

pensierosa

mettere insieme la cena e fare sì che sia un minimo appetitosa, ebbene le cose si complicano.

Fondamentalmente,  nonostante io apprezzi moltissimo il buon cibo cucinato e presentato con grazia,  quando è il mio turno il pensiero va prosaicamente alla cucina ridotta a un campo di guerra dove olio, sale e pepe si sono scontrati all’ultimo spruzzo di aceto balsamico  con la cannella sussiegosa e il curry spalleggiato da tutte le altre spezie.

Ebbene? Ho perso il filo…ecco,  poi ci si siede a tavola e ogni cibo seppure con sinceri convenevoli viene ‘spazzolato’ un quattro e quattrotto. Tanto lavoro per …no! Tutto superlativo ma intanto chi ti ridà il pomeriggio passato a spadellare?

Però anche io ho qualche anelito di orgoglio e qualcosa so cucinare benino.  Ne volete una prova?

Sole su Roma ma freddo rigido la sera. Scaldiamoci con una zuppa che mi si dice romanesca.

domani

Zuppa di fagioli e cozze.

Dosi per 4 persone.

°  300 grammi di fagioli (io uso quelli surgelati che non si devono mettere a bagno x ore)

°  Una carota, una cipolla, una grossa patata, un gambo di sedano,  aglio,  un barattolo      di passata di pomodoro, olio qb

°  4 fette di pane casereccio

°  1 kg di cozze

Per il brodo soffriggere le verdure tritate finemente
Aggiungere circa 1 l e 1/5 di acqua con la passata di pomodoro e la patata. Portate ad ebollizione
Versate i fagioli e fate cuore circa mezz’ora a fuoco basso mantenendo il bollore.
Tirate fuori la patata, schiacciatela e rimettetela nel brodo in modo che gli dia consistenza.

Nel frattempo in una padella con poco olio uno spicchio di aglio (dopo averle ben lavate) mettete le cozze. Fatele aprire,  levate ad ognuna il mollusco lasciando però integre (3×4) 12.

Spegnete il brodo, versatevi le cozze sgusciate, lasciate riposare per qualche minuto.

Ponete alla base del piatto fondo una fetta di pane ben abbrustolita versatevi sopra la minestra e guarnite ogni singolo piatto con tre o quattro cozze col guscio, un poco di prezzemolo fresco e un filo di olio.

L'appetito vien guardando

Presentatevi con un buon vino rosso e sarete doppiamente ben accetti.
In vino veritas.

 

 

Tanto per gradire!

Non è che alla fine nei giorni di festa si mangi più del solito. Sicuramente si mangia con più gusto e, forse – questo sì – si beve qualche bicchiere in piu, per chi beve e sennò, detto alla romana, ‘ciccia’!  semplicemente una questione di tempo, di gusto, si sta a tavola per stare insieme in santa pace e non già perché è la conclusione di una giornata magari più gravosa delle altre.

Oggi ero ospite da una coppia di amici molto cari, fraterni, e lui è un cuoco pieno di inventiva, siciliano trapiantato a Roma da sempre mantiene i gusti semplici e saporiti della sua terra.
Cose buonissime, magari cucinate per tempo in modo da stare a tavola tutti insieme.
Il mio voto massimo lo ha avuto la

Frittata di fiori di zucca
10 fiori di zucca – 6 uova – farina bianca – olio d’olica – sale e pepe.
Si puliscono con cura i fiori di zucca levando il picciolo e cercando di non rompersi, si sciacquano e si asciugano delicatamente du carta assorbente;
Il passo successivo è infarinarli ben bene e metterli a friggere con un buon dito d’olio in una padella antiaderente.
Quando i fiori di zucca sono dorati da entrambi i lati, a padella ben calda, si aggiungono le uova precedentemente sbattute con l’aggiunta si sale e pepe. Al momento opportuno si rivolta come una normale frittata e si fa cuocere ancora qualche minuto.

Sara stato il sole tiepido del mezzodì, sarà stato il buonumore, sarà stato l’ottimo Frascati freddo al punto giusto, spudoratamente ho fatto il bis.

Buona settimana e siate saggi (prendete esempio da meheheh)

pensierosa

Foto sherazade2014

“il lusso è il pane

…di coloro che vivono di brioche.” André Suarès

Allarmismi e clamore su una notizia incompleta :
“Consumo di pane, Coldiretti: in Italia è al minimo storico”.
“Sempre meno pane. Le abitudini degli italiani stanno cambiando e tra i primi a farne le spese è proprio l’alimento per eccellenza, ma al quale sempre più nella Penisola si rinuncia. Stando alle rilevazioni della Coldiretti nel 2014 si sarebbe addirittura arrivati a un record storico negativo dai tempi dell’Unità del Paese, con un consumo giornaliero procapite sceso a 90 g, meno di due fettine o piccole rosette.”

A questo punto il concetto è entrato in orbita e quel che segue è lasciato all’iniziativa individuale non senza aver lanciato l’inquietante domanda:
“Un’altra delle conseguenze drammatiche della crisi?”

Ero a cena e il mio primo pensiero è andato al filoncino fragrante di grano duro che ogni sera non manca mai frutto del lavoro professionalissimo del nostro gioielliere e che si paga a caro prezzo. Ma esistono molti tipi di pane e la ciriola romana viaggia intono a 1,80 euro al chilo e da che mondo è mando in tempi di crisi la fetta di pane con cipolla o alici, oppure olio, a seconda della regione, non è mai mancata.
E allora? A dispetto della crisi (o in virtù della crisi) tutti a dieta e come si sa la prima cosa da fare è mantenere la dose di pane giornaliera sui 60/80 grammi ma poi? due noci alla bisogna?
Informarsi in proprio è la cosa migliore.
Dunque ho scoperto che a contribuire a questa tendenza, oltre al mutamento dei regimi alimentari e della pessima situazione economica, ha contribuito in buona parte il diffondersi di una cultura del non spreco per cui, sempre dati Coldiretti alla mano, il 42% degli italiani mangia il pane avanzato del giorno prima e solo un residuo 2% che butta nell’immondizia il pane del giorno prima.
Nella mia famiglia e in tempi non sospetti fin da piccola io ricordo che a tavola, tornava, senza sbocconcellature, il pane del mezzogiorno, altro pane veniva grattugiato e utilizzato per le pietanze, e gli inevitabili avanzi di giorni venivano messi in una busta che la domestica portava in campagna per le sue galline.
Dunque lontano da me il pensiero di buttare un pezzetto di pane così come rarissimamente arrivo a buttare qualsiasi altro tipo di avanzo.
Mi è stato insegnato il rispetto per il cibo ed è per me naturale riciclare gli avanzi, sempre.

Va aggiunto che nel vistoso calo di consumo di pane deve essere calcolata anche la percentuale di famiglie che con costi contenutissimi e facilitati da piccole impastatrici, il pane preferiscono farselo da soli ‘divertendosi’ a speziarlo in mille modi (olive, noci, sesamo ecc) .
Senza nulla togliere al lungo periodo di crisi che stiamo vivendo almeno in una cosa stiamo riuscendo: a non sciupare un bene nobile, ricco di significati nella cultura del mondo : il pane.

Piove, è tornato l’inverno con gli stivali e le calze pesanti, io voglio essere scaramantica e pensare che a giorni arriverà definitivamente il bel tempo e allora conservate per quel giorno i pezzetti di pane raffermo e preparatevi come contorno una romanissima

Panzanella a la romana ( anche se la paternità della Panzanella è rivendicata dai toscani )

“E che ce vo’
pe’ fa’ la Panzanella?
Nun è ch’er condimento sia un segreto,
oppure è stabbilito da un decreto,
però ‘a qualità dev’esse quella.
In primise: acqua fresca de cannella,
in secondise: ojo d’uliveto,
e come terzo: quer divino aceto
che fa veni’ ‘a febbre magnerella.
Pagnotta paesana un po’ intostata,
cotta all’antica, co’ la crosta scura,
bagnata fino a che nun s’è ammollata.
In più, pe’ un boccone da signori,
abbasta rifini’ la svojatura
co’ basilico, pepe e pommidori.”

…così come ce la consiglia il grande attore Aldo Fabrizi.
Naturalmente questa potremmo chiamarla la “versione base” perché a gusto proprio ognuno ci può aggiungere da due capperi, qualche oliva, un uovo sodo, del tonno, insomma ‘chi più ne ha più ne metta!

panzanella_raperonzola_web

Fiducia, e cominciate a riporre il pane duro.

C’est la vie (en rose)

Un dolce? Sì, grazie vorrei la vostra crema catalana’.

Un tuffo nel passato. Persa nel suo sapore, riconoscendone il gusto ad occhi socchiusi. La salivazione che aumenta e per un lunghissimo attimo niente e nessuno conta più. Tempo cristallizzato legato a quel rito che ci portava a scegliere sempre lo stesso finale. Un giuramento ed insieme minaccia che solo quando si e molto innamorati fa regredire a giochi di bambini un po’ petulanti: ‘No, questo è il nostro posto, con nessun’altro mai’. Non ieri sera dove in barba al mondo la crema catalana è tornata a far parte, lei sì, della mia vita.

💜💚❤

Ingredienti – 4 tuorli- 5 cucchiai di zucchero – 25 gr di amido di mais- 500 ml di latte – 1 stecca di cannella- scorza di limone- zucchero di canna La crema catalana è il dolce spagnolo che non va confuso con la creme brulèe francese! È un dolce da cucchiaio facilissimo da preparare (persino per me) ed è incredibilmente gustoso. Preparazione Dividete i tuorli dagli albumi. Montate i rossi con lo zucchero sino ad ottenere una crema soffice e spumosa. In un’altra ciotola mettete l’amido di mais setacciato e scioglietelo con due cucchiai di latte. Prendete quindi un pentolino e versatevi il restante latte e fatelo bollire con la buccia del limone e la cannella. Toglietelo dalla fiamma e lasciatelo raffreddare leggermente: versate quindi il latte nella ciotola con le uova e lo zucchero eliminando le scorze di limone. Mescolate con cura il composto, rimettetelo tutto nel pentolino e portate nuovamente a bollore per qualche minuto, mescolando la crema continuamente con un cucchiaio di legno. Travasate quindi il composto nelle coppette in cui servirete quella che sarà ‘la’ crema catalana. Lasciate inizialmente raffreddare a temperatura ambiente, poi mettete le coppette in frigo per circa 4 ore in modo che possa solidificarsi. Pochi minuti prima di servire la crema catalana, cospargete la superficie di zucchero di canna: con il grill del forno bel caldo caramellate lo zucchero che dovrà diventare marrone ma non dovrà bruciare. Lasciate raffreddare per qualche minuto per dar modo allo zucchero di solidificare e diventare croccante e voilà una paradisiaca crema catalana.   Un consiglio, mentre portate il cucchiaino alla bocca socchiudete gli occhi e assaporate Il retrogusto dolce ~amaro del caramellato che sale a pizzicarvi il naso:

c’est la vie (en rose)

cantata da Grace Jones : pare che youtube abbia dei problemi  😉 http://youtu.be/Ah2x1Enu7Go