Prima di snocciolare qualche dato è bene chiarire cosa si intende con la parola :
“Femminicidio”.
Secondo l’Istat :
il termine femminicidio, nell’accezione comunemente intesa, “è un neologismo che può essere fatto risalire agli anni 90, per qualificare gli omicidi basati sul genere.
Per l’Accademia della Crusca
il femminicidio consiste nel “provocare la morte di una donna, bambina o adulta, da parte del proprio compagno, marito, padre o di un uomo qualsiasi, in conseguenza del mancato assoggettamento fisico o psicologico della vittima”.
Femminicidi, in Italia.
Tra il 2000 e i primi dieci mesi del 2018 le donne uccise sono state 3.100, una media di più di tre a settimana. E in quasi tre casi su 4 (il 72 per cento) si è trattato di donne cadute per mano di un parente, di un partner o di un ex partner.
ILl NORD e Roma le zone più a rischio (dati Istat).
Ma poiché sussistono diatribe sulla opportunità dell’uso del termine femminicidio ritenuto in buona misura frutto di un femminismo arroccato, vi regalo, se avete tempo e voglia di leggere, un approfondimento molto interessante.
“0La parola “femminicidio” esiste nella lingua italiana solo a partire dal 2001.
Fino a quell’anno, l’unica parola esistente col significato di uccisione di una donna era “uxoricidio”. Ma uxoricidio, composta con quella parola latina, uxor, moglie, alludeva per l’appunto solo all’uccisione di una donna in quanto moglie e veniva estesa anche agli uomini, quindi al coniuge in generale. Non avevamo una parola che alludesse all’uccisione della donna proprio in quanto donna. Nella lingua inglese invece, dal 1801 esisteva la parola femicide. E a questa prima parola se ne accostò, a partire dal 1992, un’altra che è feminicide. La parola fu coniata dalla criminologa Diana Russell, che la usò in un proprio saggio. Nell’anno successivo, il 1993, l’antropologa messicana Marcela Lagarde usò la parola femminicidio, per l’appunto, e la parola cominciò a diffondersi. L’antropologa aveva usato questa parola per studiare, per ricordare i numerosissimi omicidi di donne che erano stati compiuti ai confini tra il Messico e gli Stati Uniti. E appunto, la parola femminicidio serviva proprio ad indicare questo tipo particolare di uccisione. La parola femminicidio si è diffusa nella lingua italiana a partire dal 2008. In quell’anno è stato pubblicato da Barbara Spinelli un libro intitolato Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale. E da quel momento in poi la parola ha cominciato a circolare, prima di tutto nella stampa, nei giornali e poi a entrare proprio nel circolo della nostra lingua. Contrariamente a quanto si sente ripetere spesso, femminicidio non è parola denigratoria, badate bene! solo perche derivante da ‘ femmina’.
Non è la parola ad essere inappropriata o denigratoria; spesso se ne ha paura non per loro stesse , ma per il significato e per l’avvenimento che evocano.”
Per Elisa Pomarelli e tutte le donne vittime di femminicidio.
E se siete riusciti a leggere anche a balzelloni fino a qui allora…
Teniamoci stretti stretti Anzi strettissimi 🌹❤