Dunque salirò (e questa volta il termine è corretto perché – sì – scenderò ma dopo la ‘lezioncina’) in cattedra e vedrò di raccontare qualcosa sul Carnevale che qualche annetto fa ‘festeggiavo’ molto allegramente e che adesso sembra non interessare neppure a mio figlio maggiorenne.
Ecco che allora il Carnevale resta tra le pieghe dei miei ricordi di bambina fata Turchina e successivamente di un piccolo cow boy de noartri che del bracciolo della poltrona aveva fatto il suo destriero.
Per trovare traccia del Carnevale bisogna risalire al periodo greco-romano, alle grandiose feste pagane in onore del dio Saturno affinchè quest’ultimo donasse un raccolto copioso.
Nell’era cristiana questa festa entrò a far parte del calendario liturgico ponendosi tra l’Epifania e la Quaresima e infatti l’etimologia nasce dal latino ‘carnem levare’ perchè all’Epifania seguiva un lungo periodi in cui ci si asteneva dal mangiare carne. Il medioevo apportò una modifica al Carnevale: il martedì e il giovedì prima delle ceneri, che venivano festeggiati a base di ‘grassi’ e ricchi banchetti, presero il nome di “grassi”.
In Italia la data ufficiale che apre la festa del Carnevale è il 17 gennaio, ma nei piccoli paesi della penisola e nel resto del mondo le date di apertura del Carnevale variano. Possono cominciare il giorno di Santo Stefano, dell’Epifania, il 17 gennaio o il 2 febbraio.
Il Carnevale dovrebbe rappresentare la purificazione. Un episodio accomuna i luoghi e il giorno, è quello in cui i carri allegorici sfilano mostrando le proprie maschere di cartapesta o ‘vere che presiedono al funerale di un enorme omaccione, oggi nelle sembianze di uomo di potere, che altri non è se non l’anno vecchio che muore e porta via con sé tutti i mali passati.
L’ultimo giorno di Carnevale è il martedì grasso che cade il 47 esimo giorno prima della Pasqua.