8 marzo: il femminismo…

Il femminismo  è  morto.

Lucetta Scaraffia nel suo articolo a La Stampa, di cui è editorialista, sostiene con ‘sgomento e dolore’ che il femminismo è morto perché “è morta l’affermazione base del femminismo che le donne sono tutte sorelle nell’ oppressione senza distinguere tra origine etnica appartenenza politica, classe sociale.”

Restando all’oggi, la pubblicazione del rapporto sui crimini sessuali, commessi durante L’attacco di Hamas a Israele, realizzato dalla Association of rape crisis centers toglie ogni dubbio sul fatto che si sia trattato di violenza “non solo contro delle ebree ma contro le donne in quanto donne colpite nel loro corpo mortificate e violentate come sesso”.

Ilfemminismo è morto. È morta l’affermazione base del femminismo: le donne sorelle nell’oppressione. Vi è oggi un silenzio dei nuovi femminismi che tendono ad affermarsi con i movimenti GBQ÷. la cui cultura ha l” unico codice morale di difendere, si le vittime, ma le vittime di volta in volta designate a seconda delle situazioni delle parti e delle ideologie in gioco.”

Festeggiare l’8 marzo? Pensiamoci.
Abbracciamoci strette strettissime ❤️
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Lucetta Scaraffia nata a Milano 1948,  ha militato nel primo movimento femminista, è stata docente di storia contemporanea all’università La Sapienza di Roma, giornalista,  insignita della Legione d’onore francese per la sua attività di storica e di giornalista.
( Per quel che vale non sempre e soprattutto negli ultimi decenni non mi sono ritrovata nei suoi ragionamenti. Non in questo caso.

Blue I love you

Non riesco a leggere tanta spensieratezza e speranza in questa ricorrenza dell’ 8 marzo.
Anzi la pandemia che si prolunga da oltre un anno ( che ci dicono con i giorni contati  anche se non se ne vedono ancora segni tangibili)  ha scaricato sulle spalle delle donne, richiuse nelle proprie case con mariti o compagni, frustrazioni e violenze fisiche e psicologiche.
Ne so qualcosa anche  Io che continuo nonostante le restrizioni a collaborare con un associazione antiviolenza.  Confessioni cariche di pudore, la voce strozzata spesso dal pianto, i segni violacei di una manata sul viso … restare a distanza ad  ascoltare quando stringere le proprie mani alle altre darebbe  sollievo e coraggio a tanto sconforto.

Siamo state amate e odiate,
adorate e rinnegate,
baciate e uccise,
solo perché donne.
(Alda Merini)

Grande bagarre a Sanremo per Beatrice  Venezi,  la direttrice  di orchestra che ha rivendicato il suo ruolo di direttore:

“Importante è  essere qui a dirigere!”
Certo esserci,  donna,  esibendo (giustamente) un lungo abito da sera estremamente  femminile,  in un ruolo prettamente maschile. Dunque ‘direttore?
Luce  Irigaray nel suo saggio Parlare non è  mai neutro – che vi suggerisco – avrebbe evitato inutili prese di posizioni.   È  evidente che la lingua che parliamo tutti i giorni è costruita e pensata per gli uomini e  che di conseguenza  :
” il femminile  abbia spesso il sapore di un incidente di percorso, qualcosa che mina uno dei suoi princìpi cardine, l’economia, obbligando i parlanti e le istituzioni a incorrere in fastidiosi inciampi e indecisioni qualora debbano includere le donne in un discorso. Quanto sarebbe più facile poter parlare solo al maschile! In fondo si capisce che nel maschile sono inclusi tutti.”
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Piove a Roma! La pandemia nega gli abbracci, scomparse  le grandi gioiose manifestazioni, io qui sono per dirvi . . .
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Teniamoci strettestrette anzi strettissime ❣❣❣

strada facendo … 8 marzo

“La donna ha soprattutto
Un altro talento innato
un assoluto virtuosismo
per dar senso al finito”

da AUT AUT di S. Kierkegaard

Un elogio a pennello per l’8 marzo, ve lo dedico care amiche, poi vedremo se funziona per tutte, intanto io ci provo.

E’un attimo. Resto pensierosa e un po’ preoccupata perché a me quel ‘virtuosismo’ manca del tutto e non riesco davvero, e chissa mai se riuscirò, a “dar senso al finito”. Ma forse perchè non sono neppure certa di aver ben capito ferma come sono all’ Infinito leopardiano. Mah

Mi sento in alto mare e galleggio aggrappata a un ramo di mimosa che non ho.

L’idea di abbinare alla festa della donna un fiore è solo italiana. È nata nel 1946 per opera di Rita Montagnana e Teresa Mattei. La scelta cadde sulla mimosa perché è un albero che cresce un po’ ovunque e fiorisce nei primi giorni di marzo, non ha un costo eccessivo ed è alla portata di molti. All’unanimità l’assemblea dell’Udi scartò prima le anemoni e poi i garofani.

La «Giornata internazionale della donna» si celebra ufficialmente dal 1977 su decisione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che riconobbe «gli sforzi della donna in favore della pace e la necessità della loro piena e paritaria partecipazione alla vita civile e sociale».

ps. Volutamente non voglio toccare argomenti politici, orrori di cui non sapremo mai abbastanza, citare statistiche di cui leggeremo a bizzeffe in un solo giorno.

Voglio solo scambiare una tenerezza, un abbraccio silenzioso tra noi e sorridere, anche,