e mentre guardo il soffitto e rimesto pensieri, ascolto la mia musica, quella che ormai ognuno di noi si confeziona a misura piluccando qua e là nel web costruendosi una playlist personale senza sorprese. Un modo per chiudersi in sè stessi, per non sperimentare l’imprevisto di un volo in caduta libera, fluttuare sicuri, anche se dritto verso quella melanconia che coltiviamo servita in un retro gusto amaro.
Un angelo, un angelo senz’ ali, o con ali appesantite dalla troppa ‘polvere’ consumata da sempre, a Amsterdam è piombato sul selciato dal terzo piano del suo albergo.
‘Bello, maledetto, romantico’, come solo un grande artista sa essere, così moriva Chet Baker lasciandoci in eredità le sue canzoni, il suo insuperabile talento di trombettista jazz, il ricordo in bianco e nero del suo volto emaciato, del ciuffo di capelli che gli copriva il viso, un drappo per non vedere.
Non vedere le ombre dense, sempre più cupe, di quel futuro sempre più disperato che lo ha consegnato alla storia, e neppure questa gli ha reso piena giustizia artistica
Chet baker time after time