11 settembre 2007
1939. Abel Meeropol scrisse con Billie Holyday "Strange Fruit" seduti al tavolino di un bar “con ancora negli occhi la fotografia del linciaggio di due neri delle piantagioni del Sud’.
Una sera, il giornalista Harry Levin ascoltando Billie Holyday cantarla, si senti improvvisamente accomunato a un generale, forte e nello stesso tempo confuso, sentimento di impotenza dolorosa che aleggiava nella sala e addebitò questo stato d’animo al momento storico che l’America stava vivendo: "Noi eravamo li, storditi ed incapaci di muoverci. Lei ci mise in contatto fisico con quella canzone. Nel mezzo della Seconda Guerra Mondiale, mentre stavamo combattendo per riportare la libertà (e la ‘democrazia’ aggiungeremmo oggi), Billie ci stava dicendo che c’erano alcune cose incompiute con le quali l’America doveva confrontarsi."
Già…e in quelle ‘cose incompiute’ non maturavano – forse – i germi dell’ 11 settembre 2001?
Nell’euforia dei primi mesi del nuovo millennio, stilando una graduatoria sulla più bella e significativa canzone del novecento, il Time identificava in “Strange fruit” di Billie Holiday il “monumento musicale” del secolo discostandosi nettamente dall’opinione pubblica che aveva, invece, optato per “Imagine” di John Lennon.
Io sono per “Strage fruit” e con il Time stupita dalla feroce attualità di quelle strofe: “Gli alberi del Sud danno uno strano frutto, /Sangue sulle foglie e sangue alle radici, /Neri corpi impiccati oscillano alla brezza del Sud, /Uno strano frutto pende dai pioppi/…..Profumo di magnolie, dolce e fresco, /Poi improvviso l’odore di carne bruciata…”
11 settembre 2007.
E guerra sia!
Tra deodoranti al profumo di magnolia a coprire il lezzo di sempre nuovi corpi martoriati per buona pace delle ricche democrazie e dei potenti della terra.
(La versione della canzone che vi propongo è di Nina Simone, una grande artista che l’ha cantata con altrettanta passione).